RECOVERY PLAN:E’ UNA QUESTIONE DI SOLDI , DI GEOPOLITICA E DI DRAGHI

RECOVERY PLAN:E’ UNA QUESTIONE DI SOLDI , DI GEOPOLITICA E DI DRAGHI

Il Recovery Plan ( RP) è tutto debito che l’UE si crea in casa e qui vi resta .  Sono 750 miliardi di Euro di cui 390 a fondo perduto e 360 in prestiti .  E’ solo e solamente  una   questione di soldi  ( tanti…. tantissimi soldi) e l’Italia si avvia a riceverne più di 200 miliardi di euro tra sussidi e prestiti europei .  Un vero e proprio finanziamento a pioggia dove rivestirà   primaria importanza  anche le motivazioni di geopolitica.  Il RP bisogna metterlo al riparo dalle futili diatribe politiche rafforzandone la solidità tecnica.  Bruxelles vuole vedere la reale efficienza del Piano italiano  commisurato  al suo impatto sulla crescita reale. D’altro canto la compagine  di Governo Draghi  è composta da persone di grande  spessore e competenze  tecnico-economiche  ma anche ben inserite  sia nei contesti della politica che in quelli amministrativi.  Punto focale sono i tempi di attuazione del Piano .  Impegni da assumere entro il 2023 ed erogazioni entro la fine del 2026 : tempi molto stretti se raffrontati alla mole dei fondi che si intenderebbero (potrebbero) utilizzare.  Ciò accentua il possibile rischio di non riuscire ad investirli tutti nei termini temporali  massimi dovuti.   Nel merito  rammento che dopo l’accredito  dell’anticipo che verrà erogato all’approvazione del Piano , pari ad un valore del 13% del contributo totale, le successive erogazioni seguiranno i vari stati di avanzamento degli interventi concordati.  Diventa quindi fondamentale la governance affiancata però  da una semplificazione delle  procedure amministrative rispetto a quelle ordinarie oggi in atto.   Rivestirà grande importanza   anche la scritturazione precisa ed esaustiva dell’impatto delle misure previste   sul Pil , sull’occupazione,  sugli indicatori climatici, sulla coesione, sulla crescita e tutto sempre raffrontato  alla cosi detta “ baseline”.  Vanno quindi  di  pari passo  nella loro attuazione sia il  Next  Generation EU  che   il RP :  l’Europa vuole garanzie sulla crescita .   L’insieme dei due Piani  rappresenta la fotografia esatta  del momento socio-economica che stiamo vivendo ed   è facile captarne il  forte contenuto politico che fa da collante all’operazione nella sua intierezza.  Il risultato atteso dovrà rappresentare   il rafforzamento socio-economico dell’Unione Europea e quindi del mercato unico che non dovrà  assolutamente  uscire  , dopo il  RP ,   ancora frammentato  e con tassi di crescita troppo asimmetrici   tra i diversi paesi membri nel momento del termine della crisi pandemica . Il fine unico di tutta questa operazione è racchiuso  quindi nella necessaria  ripresa economico-finanziaria-sociale.  Rammentiamoci  che  , anche  se molti economisti  oggi paragonano il RP ai fondi  finanziati  dal  Piano Marshall  ( 1948/52 ) , le due figure  tecniche non possono essere ritenute eguali. La differenza principale è che i primi  erano soldi che arrivavano dal 5,4% del Pil americano e  le condizionalità  attuative nel piano USA furono sostanziali: su 13,3 miliardi di $ concessi , 12 miliardi furono sotto forma di sussidi a fondo perduto e 1,3 miliardi di $ in prestiti a 30/40 anni al tasso debitore del 2,5% anno. Quindi   solamente una piccola quota era  da restituire.  Il Recovery Fund   invece sono la messa in disponibilità di fondi liquidi ma di cui una buona parte   a debito .   Nella UE aleggia una “ aurea  mediocritas” fumosa e riconducibile ad uno  stato  di incertezza.  Per il Next Generation EU non si hanno ancora le stime  esatte d’impatto sull’economia perché gli Stati membri presenteranno entro il 30 Aprile i piani nazionali che di fatto scaricheranno a terra i fondi UE.  Il RF invece sarà in grado di dare un’accelerazione diretta alla ripresa reale , si può ipotizzare  fino a 3,5 punti nel periodo 2021-2026.  La Commissione Europea ha appena pubblicato le previsioni macroeconomiche d’inverno .  Il Pil  della zona euro crescerà del 3,8% sia nel 2021 che nel 2022 , mentre quello della UE a “27”  del 3,7% nel 2021 e del 3,9% nel 2022.  La ripresa dell’Italia sarà più lenta perché più complicata , causa  anche la cancerosa e  perennemente confusa situazione politica.   Le variazioni % Pil Italia si configurano:   2020 : -8,8% ( su  una stima precedente a – 9,9%) .  2021 : + 3,4% ( su una stima precedente a + 4,1%).     2022 : + 3,5% ( su una stima precedente a + 2,8%).  Ci troviamo sia economicamente che socialmente coinvolti in un turbine di  priorità e necessità ma anche obblighi verso la Comunità Europea .  Occorre che il Governo Draghi applichi un immediato cambio di marcia nell’elaborazione del Recovery Plan , affiancandolo alla velocizzazione della campagna di vaccinazione e dell’immediata  e  non più differibile   decisione  circa il blocco dei licenziamenti in scadenza a fine Marzo , nodo cruciale sia per i  lavoratori , ma così pure per gli imprenditori che dovranno prendere decisioni organizzative non più differibili se vorranno riposizionarsi sul nuovo  mercato.  Per capire il modus operandi di Draghi non si può prescindere da un  cenno sulla sua formazione  personale che vede come figura centrale e predominante quella del professor Federico Caffè.   Caffè viene considerato da tutti la mente più raffinata del “ riformismo italiano” e ha lasciato nel modo di pensare ed  operare di Mario Draghi quella capacità di creare e quindi  proporre soluzioni al di là degli schieramenti ideologici, ne è la riprova  di come sia composto  il nuovo Governo.   Formazione economica  personale di chiara matrice Keynesiana che da sempre ed in ogni incarico  istituzionale ricoperto, è stata la forza e la spinta per  trovare soluzioni  interconnesse con l’assunzione di responsabilità  personali dirette.  Ciò si rispecchia anche nell’odierna parola d’ordine  del nuovo Governo che è : “ mettere in sicurezza  e far ripartire il paese”.   Un mix di cultura dei  “ tecnici” , ma sempre interconnesso ad  una dimensione politica.  Come già accaduto quando fu  nominato Direttore Generale del Tesoro sotto uno dei  governi Andreotti , con ministro del Tesoro Guido Carli,  Draghi avviò la più grande campagna di privatizzazioni nella UE creando un metodo di lavoro ed una squadra di esperti e tecnici che prese il nome di “ Draghi boys” e che oggi  Draghi spera di ripetere con i tecnici da lui direttamente scelti. E’ un insieme di politica, tecnica e gestione  che si configurano con il RF fonte della vera quanto possibile “leva  di crescita” , il tutto  sintetizzano con le due parole pronunciate all’uscita dal Quirinale: “ Coesione sociale”.  Oggi l’Italia è ad una svolta storica e Mario Draghi rappresenta e ricorda a tutti che si tratta del momento di  assumere delle scelte che avvieranno un processo irreversibile che ha , nel suo  stesso essere,  un poco di tecnicismo ma  anche molto di politica.   Riassumendo le prime emergenze non più procrastinabili di Draghi:   1) Alitalia con allarme liquidità e voli con rischio concreto di stop.    2) Cartelle fiscali correlate al termine  del   28/2 data dell’invio di 50 milioni di atti.  3) Nodo ristori a seguito dello scostamento da 32 miliardi .  4) 31/3 scadenza blocco licenziamenti.   5) Recovery Plan, entro febbraio il Dpcm sul monitoraggio con il Piano che dovrà arrivare a Bruxelles prima del termine formale del 30/4.  6) Velocizzare l’attuazione del piano vaccinale per emergenza Covid.  Insomma che dire…. Buona fortuna Presidente!