ITALIA : PUNTO SULL’ ECONOMIA CIRCOLARE

ITALIA : PUNTO SULL’ ECONOMIA CIRCOLARE

In Italia rallenta sempre più l’espansione della circular economy che   segna il penultimo posto in Europa  per gli investimenti privati.  Nel corso del 2023   i risparmi ottenuti   grazie all’adozione di pratiche di economia circolare sono  stati 1,2 miliardi di euro , di questi  il 57%  sono nelle costruzioni che fanno così salire il totale risparmiato a 15,6 miliardi , pari al 15% dell’obiettivo fissato entro il 2030 di 103 miliardi. Gli investimenti privati in economia circolare nel corso del 2023 sono crollati e questo soprattutto nelle piccole imprese dove l’unica pratica attuata è quella del riciclo dei rifiuti senza però passare alla fase del riuso.  Il 60% delle grandi aziende ha adottato almeno una pratica di economia circolare facendo così aumentare il valore del  riciclo , ma a questo ha corrisposto   un livello molto basso di nuovi  investimenti .  Gli ostacoli maggiori , di rilevanza  economica , vanno quindi ricercati negli elevati costi per gli investimenti necessari e nell’ incertezza legata alle normative a loro volta collegate   alla scarsità degli incentivi statali. Nell’odierna  transizione il settore che registra più progetti è quello del “ Building & Construction “. Le startup circolari fondate in Italia sono state 210 nel periodo 01/18 e 05/20 , di queste  realtà  il 65%  è collocato al nord .  Sotto il profilo puramente tecnologico predominano le realtà legate ad attività di riciclo e recupero dell’energia . I finanziamenti risultano  essere quindi concentrati soprattutto nel settore energetico con 62 milioni di euro e la regione dove risiedono  la maggior parte delle startup finanziate è la Lombardia con 88 milioni di euro pari al 70% del totale. Il dibattito economico , ma anche finanziario , si concentra sul conflitto esistente tra transizione ecologica e mera protezione sociale.  Questa però è  una chiara visione “ occidentalocentrica “ che deriva da un evidente quanto atavico conflitto tra i più diversi interessi economici intercomunicanti tra loro.  E meglio, la convergenza di interessi geo-strategici ed economico finanziari di lungo termine si scontrano con gli interessi sociali base che dovrebbero condurre ad accelerare una  transizione veloce quanto continua soprattutto nel vecchio continente. Lo sviluppo di una filiera è composto da tre fasi :  ricerca  / innovazione , produttiva , distributiva e queste sono legate a doppio filo alla transizione ecologica . Il primo risultato però che attira l’attenzione di chi attua una filiera sono i posti di lavoro e quindi  i profitti perduti e/o minacciati da un possibile calo nel tempo. E’ una realtà di come  l’attenzione non venga   colpita  dai costi crescenti dovuti alle  emergenza causate  dalle crisi climatiche , quanto ad esse si preferisce l’impegno nella ricerca successiva di risposte contingenti .  E’ quindi inutile nascondersi dietro ad un dito !  Ogni transizione economica, finanziaria e quindi socio-politica provoca impatti rilevanti e condivisi sull’occupazione, sui profitti delle imprese, sulla redistribuzione dei redditi per le famiglie ma anche sulle più semplici ed elementari abitudini quotidiane di una popolazione.  Però è anche opportuno  riconoscere come,  per contro , ogni transizione può generare  opportunità in nuove competenze, nuove imprese, crescita dei redditi , rilancio del territorio.  Oggi occorre il coraggio di guardare  verso il futuro  e non cedere al desiderio di girarsi indietro .