UN “OTTOVOLANTE” CHIAMATO SPREAD

Martedì 27 novembre 2018 ore 09.21 : spread a 292,6 ! Come sempre nella vita dei mercati finanziari ,per gli investitori ,le parole hanno un valore inestimabile , così come lo sono state le dichiarazioni pronunciate dai membri del governo . Già nella prima mattina di ieri lo spread tra BTP e Bound tedeschi è sceso di ben 27 punti, partendo dai 300,8 delle ore 09.14 per arrivare a 291,3 delle ore 18. Il mondo finanziario, come d’altro canto tutto nella vita, si basa su ciò che si dice e su ciò che la gente pensa di quello che si è detto. Ne è un esempio la borsa di Milano che alle 09.42 di ieri era al + 3,23 % per poi chiudere a + 2,77 e ciò , anche se di fatto, nessun tipo di accordo formale vi è stato  tra Roma e Bruxelles . Il punto focale per tutti è il fatto che l’Italia non venga messa nella condizione di uscire dall’Euro : questo è il vero “terrore” per gli investitori. Esiste uno strumento finanziario chiamato CDS (Credit Default Swap) il quale, nell’attuale mondo della finanza globalizzata, permette  agli operatori finanziari di poter gestire, in via “attiva”, il rischio insito nei loro portafoglio titoli. Ciò sia mantenendo una pronunciata esposizione ad un possibile rischio di insolvenza (default), sia di fatto scaricando il proprio rischio al mercato comprando dei CDS che fungono da assicurazione finanziaria, promettendo un risarcimento a chi li compra . Orbene, questi strumenti, fungendo da veri e propri termometri,  in queste ore hanno ridotto “il proprio premio” dai 262 p.b. di venerdì u.s. agli attuali 248 punti. Nonostante la “fiammata” di ieri, comunque l’incertezza del mercato resta elevata attendendo che dalle parole si passi ai fatti. Esistono due correnti di pensiero  sulla situazione attuale : gli “ottimisti” ed i “pessimisti”. I primi ritengono che il governo abbia ancora tempo dper aggiustare la propria manovra ed in questo modo riallacciare i rapporti con l’Europa . Personalmente però anche il sottoscritto fa parte dei “pessimisti” .Resto convinto che in siffatte condizioni , la realtà non cambierà perché non bastano minimi aggiustamenti ,di qualche zero della virgola del deficit, per evitare la procedura di infrazione . Di fatto la Commissione prevede, per il 2019 un deficit /Pil del 2,9 %. Il saldo strutturale dell’Italia previsto dalla Commissione UE passerà dal -1,8 del PIL ad un – 3%. Anche se si facesse partire più avanti di qualche mese la procedura , il deficit del 2019 vedrebbe sempre innescate le conseguenze negative per il 2020. In tutto questo, dopo la pubblicazione delle “opinioni “ di bilancio correlate al rapporto sull’evoluzione del debito italiano da parte della Commissione europea , tocca ora ai direttori del tesori nazionali per dare una loro valutazione sull’evoluzione del debito italiano. Nei numeri il Governo Italiano stima per il 2019 un deficit del 2,4 % del PIL , la Commissione, come detto, prevede un disavanzo del 2,9%. A semplice titolo esplicativo , vediamo che , il debito pubblico nell’eurozona passa , sulla base dei dati 2018, dal 182,5 % della Grecia al 131,1 dell’Italia per poi scendere al 98,7 % della Francia, al 96,9 %della Spagna, al 60,1 % della Germania. In tutto ciò, chi di fatto in questa situazione vuole continuare ad aiutare l’Italia è la BEI (banca europea degli investimenti) , la quale non intende, al momento, tagliare i finanziamenti all’Italia , paese il quale nello scorso anno è stato quello che ha ottenuto il più alto quantitativo di prestiti pari a 12,3 miliardi. Benché il Presidente Werner Hoyer abbia dichiarato la sua preoccupazione per quello che sta accadendo oggi in Italia,oggi la sua vera spina nel fianco è indubbiamente la Brexit . Di fatto l’uscita del Regno Unito , paese azionista BEI , avrà un enorme impatto sia per i 2,3 miliardi di capitale PAID-IN che usciranno e dovranno essere rimpiazzati pescando dalle riserve della banca , sia per le garanzie che la Gran Bretagna ha in BEI ovvero il contingent capital pari per UK a 36 miliardi circa. Di fatto la BEI ha bisogno di difendere il rating “AAA” che le consente di finanziarsi a costi molto bassi (60-70 miliardi di emissioni di bond l’anno) e di riservare questo basso costo del denaro ai progetti co-finanziati con le banche private e di sviluppo.

Fabio Accinelli