SMALL CAP GLOBALI: UN MONDO DI OPPORTUNITA’

Trattasi di società quotate con una bassa capitalizzazione. Nel loro DNA vi è un approccio molto più imprenditoriale rispetto alle “big cap”   perché la loro operatività si concentra su nicchie di mercato specifiche . Tipicamente sono società amministrate direttamente dalla proprietà con una forte flessibilità aziendale . Quest’ottica di gestione permette loro di realizzare una migliore allocazione del loro capitale con una visione di lungo periodo, destinando così le risorse ad investimenti specifici che generano valore e quindi permette di gestire una dinamica di crescita più veloce . Tutto ciò, nella gestione attiva di un fondo di investimento , può portare a grandi soddisfazioni, sapendo ben gestire i vantaggi e rischi nel comparto delle “small cap“.  Entrando nel merito del mondo borsistico, sono più di 4.000 le “small cap”che non sono oggetto di analisi ed invece potrebbero costituire valide opzioni per il portafoglio di investimento. La loro bassa copertura, da parte degli analisti, è causata dal fatto di essere poco interessanti per “ l’investment banking” ciò perché trattasi di mercati meno efficienti e di gran lunga meno liquidi e con una capacità di assorbimento bassa. Nel merito si riconducono ad aziende tipicamente imprenditoriali e di nicchia che consequenzialmente hanno una minore necessità di ricorrere al finanziamento tramite quotazione. Risultano così poco adatte a fare trading perché è difficile fare scelte di lungo periodo. Come detto acquistare le “small cap” significa investire in aziende guidate da un ottimo e collaudato management però focalizzate su un business di nicchia . Ecco perché l’interesse verso le “small cap”da parte del mercato è fatto di alti e bassi. Sono, in un certo senso,  molto più interessanti confrontate alle “large cap”, ciò perché sono meno dipendenti e sensibili a fattori primari di macro economia come le guerre commerciali, che le permettono quindi un andamento più apprezzabile e stabile nel lungo periodo. Analizzando poi quelle di successo e che quindi vanno molto bene , si vede come crescano di più rispetto alla media del mercato a differenza delle “large cap”che si muovono con un intervallo più stretto. Raffrontando le due tipologie ed attraverso uno studio e selezione attiva si possono ottenere risultati di gran lunga migliori . E’ noto come il mercato sia tendenzialmente meno efficiente con il diminuire della capitalizzazione. Se ne deduce che il livello di attenzione e relativa copertura mediatica e di interesse tende ad essere proporzionalmente inferiore nel caso delle “small cap”, ciò di fatto riduce il livello generale di conoscenza degli investitori in merito al modello di business, all’efficienza societaria e quindi al potenziale oggettivo di generare utile. Per contro un siffatto quadro offre sul “small cap”opportunità preziose per investitori attenti  nella ricerca di titoli che presentano andamenti oscillatori ed anomalie di prezzo. E’una realtà che le “small cap”siano meno liquide e quindi i titoli di riferimento possono essere soggetti ad anomalie di prezzo per lunghi periodi di tempo. E’ proprio durante questi cicli di crisi e/o correzione di mercato che un investitore attento può trarre vantaggio da questa loro inefficienza. A puro livello economico, l’investimento effettuato in società a bassa capitalizzazione può consentire ai gestori di portafoglio di acquisire quote nei tempi e nei termini più interessanti nel mercato . Analizzando le percentuali di crescita nel lungo periodo le “small cap”globali hanno segnato una crescita dal 1998 al 2018  del 10,3 % contro il 5,2 % delle “large cap”e soprattutto con una sovraperformance cumulata nell’ordine del 143%. Le più appetibili sono quelle che portano un vantaggio competitivo stabile e soprattutto replicabile nel lungo periodo. Meglio ancora quelle che riescono a lavorare in un clima di oligopolio con forti barriere all’entrata di altri competitors nel loro mercato ed una bassissima minaccia di sostituzione.

 

Fabio Accinelli