
01 Lug RUSSIA: UN DEFAULT SOLO SIMBOLICO
E’ una “guerra nella guerra “ quella che la Russia sta combattendo a livello economico con la parte del mondo che sostiene l’Ucraina: una vera e propria guerra finanziaria. La Russia finisce in default per non essere riuscita a rimborsare in valuta contrattuale le sue obbligazioni estere a causa però delle sanzioni che le sono state imposte dall’Occidente. A ben vedere e con un minimo di obiettività non si può non riconoscere che trattasi di mero “default simbolico” , dal momento che la Russia avrebbe le risorse finanziarie liquide per pagare i propri debiti ma è impossibilitata ad effettuare tali operazioni a causa della chiusura dei canali di pagamento e del conseguente suo stato di isolamento economico-finanziario deciso ed attuato da parte degli Stati che sostengono l’ Ucraina dopo che ha avuto inizio l’invasione. Tecnicamente questo stato di default della Russia è stato creato ad arte, con artifici palesi , da parte degli USA ed Europa nell’intento di mettere in condizione Mosca a ritirarsi dall’Ucraina. Lo stato dell’arte è rappresentato dall’insolvenza russa che ha avuto inizio alla mezzanotte di domenica 26 giugno, quando è terminato il c.d. “periodo di tolleranza” dopo la scadenza di un bond da 100 milioni di dollari. Voglio porre l’accento sul fatto che Mosca non ha quindi “potuto” rispettare la scadenza e non ha “voluto” . La Federazione Russa ha obbligazioni estere in circolazione per oltre 49 miliardi di dollari , di questi deve onorare poco più di 2 miliardi di dollari di pagamenti per interessi agli obbligazionisti con scadenza scaglionate nel 2022. A seguito dell’espulsione di Mosca dai sistemi finanziari che fanno girare le ruote del credito e del commercio internazionale si è creata la causa reale del default . Impossibilità materiale a poter effettuare il pagamento a rimborso a causa delle sanzioni inflitte. Ecco quindi perché parlo di “default simbolico”. Nella realtà questa posizione delicatissima di Mosca è stata provocata dall’emarginazione con conseguente isolamento economico e finanziario della Russia tramite le sanzioni imposte dall’Occidente. E’ innegabile come il Cremlino abbia tutta la volontà (interesse) di fare regolarmente fronte ai propri debiti finanziari , avendo oltretutto piene risorse monetarie liquide . In quattro mesi di guerra ha incassato svariate decine di milioni di dollari ed euro dall’export di petrolio, gas , carbone ed oro. Ma quanto fino a qui descritto non è l’unica scadenza che Mosca si vede a dover affrontare in un futuro assai prossimo. Vi sono altri coinvolgimenti importanti per il debito sovrano portato dalla sommatoria di tutte le obbligazioni emesse dalla Federazione Russa. A questo si devono aggiungere le scadenze che coinvolgono il debito privato dei colossi russi quali Gazprom, Rosneft, Lukoil e Sberbank. Dai dati che sono riuscito a raccogliere stimo , con valori di molto attendibili, che il mancato pagamento degli interessi e/o il pagamento ( definito dall’Occidente come “improprio”) in rubli potrebbe scatenare un vero e proprio terremoto finanziario . Le prime insolvenze del 26 giugno sono solo la punta di un iceberg rappresentato da un debito complessivo stimabile, per difetto , in 150 miliardi di dollari. La prima conseguenza è il declassamento posto in essere dalle agenzie di rating . Fitch Ratings ha retrocesso il “ valore” della solvibilità ed affidabilità di Mosca a “ C “ da “ B “ definendolo “near default” , S&P ha retrocesso la sua valutazione da “ BB+ “ a “ CCC- “ ovvero “ vulnerable position “. Secondo il Cremlino l’Unione Europea è compresa nella lista dei paesi che dovranno ricevere i pagamenti in rubli attinenti le obbligazioni e/o i loro relativi interessi , problema che non tocca solo i bond statali ma, come visto in precedenza, piuttosto anche quelli di società russe che sono ,a conti fatti , molto più diffusi soprattutto a causa dei prodotti di investimento che in precedenza erano stati venduti a ventaglio in tutto il globo al largo pubblico. L’Italia è e sarà sempre di più toccata da questa problematica. Ad esempio tra gli obbligazionisti di Gazprom , per svariati milioni , troviamo l’ italiana Fideuram . Intesa San Paolo Private Banking risulta esposta causa un investimento in un fondo di Aberdeen. Ed è proprio il settore bancario italiano che segna una totalità di crediti riconducibili ad un valore reale per difetto di oltre 25 miliardi di dollari. Oggi come oggi il Cremlino ha la necessità “fisiologica” di trattenere quanta più valuta possibile sia essa espressa in dollari che in euro. Ecco allora che si complica e non poco l’eventuale uscita dalla realtà russa di gruppi italiani come Eni, Unicredit, Intesa Sanpaolo , Generali e Maire Tecnimont. E’ interessante osservare come oltre la metà del debito estero delle aziende russe è però di controllate verso la propria casa madre e quindi il passivo viene rinnovato automaticamente a scadenza senza dover passare attraverso la necessità di un rimborso effettivo. In questa situazione la “guerra nella guerra” tra la Russia e l’ Occidente si combatterà più che mai sul terreno del bisogno energetico dove la Russia potrebbe di fatto fare leva a suo favore verso la comunità economico – finanziaria internazionale.