
11 Giu PIAZZA AFFARI TRA OPA E MATERIE PRIME
E’ bagarre vera in Piazza Affari divisa tra il gioco delle OPA che da inizio anno ne ha già viste attivarsi 7 e la caccia alle materie prime che causa la mancanza dei 30 materiali strategici principali per lo sviluppo e la transizione ecologica ha visto la domanda e quindi i prezzi letteralmente volare. Gli investitori hanno di che divertirsi. L’indice milanese si trova oramai vicinissimo ai massimi del 2008 ed anche tutte le altre piazze finanziarie internazionali fanno registrare record continui. E’ un “ appeal speculativo” che accentua la propensione al rischio e si riversa sul forte interesse verso le società oggetto di OPA con offerte di acquisto per la maggioranza del capitale finalizzate poi al ritiro del titolo dal listino. A campione, analizziamo la OPA di Generali su Cattolica dove il premio , rispetto al prezzo fissato nel pre-annuncio , è stato dell’11%. Raffrontando tale valore con il prezzo medio nei 12 mesi precedenti si ottiene un + 30%. Ecco allora che la bagarre si ripercuote sul mercato, dove si accendono scommesse continue su nuovi, presunti e/o prevedibili annunci e ciò complice il perdurare dei tassi generali di interesse bassi che rendono perseguibile questa tipologia di operazioni indirizzate verso titoli a larga capitalizzazione e quindi con una alta percentuale di capitale che circola liberamente sul mercato : il c.d. flottante. Maggiore è la quota del flottante e maggiore è la contendibilità verso una società , ovvero la possibilità di subire una scalata da chiunque sia direttamente interessato ad acquisirne il controllo. Le luci sono accese verso i titoli del settore bancario , tra essi Unicredit con una performance da inizio anno del + 37,8% ed un flottante del 93,3%, Bpm con un + 64,3 % e l’ 86,0%, Bper con un 37,6% e l’ 86,4% e l’iconica Mediobanca con un + 31,2% e il 66,4% , per la gioia di Del Vecchio e la sua “ maximum share of capital” del 20% di prossimo raggiungimento. Oltre ai finanziari sono calde le possibilità di OPA su Moncler con un + 15% e il 70,6% di flottante e Cnh Industrial con un + 37% e il 73,0%. In questo contesto si inserisce prepotentemente nei mercati finanziari il “mondo” delle materie prime ed il fatto oramai conclamato che in tutti i paesi europei stanno per venire a mancare i 30 materiali fondamentali e strategici per il non più prorogabile sviluppo digitale e per la transizione ecologica . Qualche esempio di materie prime con il relativo aumento di valore percentuale in base all’ultimo anno solare: Rodio (terre rare) + 447%, stagno + 133,4% , litio + 130,2%, rame + 114,8% . Ma non solo . Anche altre materie prime e prodotti agricoli hanno segnato aumenti percentuali di valore importanti. Tra di esse : gomma naturale + 72,5%, petrolio + 211, 3% , polietilene + 95,5%, mais +113,3%, frumento +36,9% , soia + 81,6%. Ecco allora che si è creato un trend speculativo di assoluto interesse per gli investitori. Le materie prime sono divenute un investimento altamente interessante e speculativo anche perché essendo tutte prezzate in dollari , moneta in questo momento debole e quindi operazioni ulteriormente vantaggiose per gli investitori che acquistano in euro e/o altre valute. Non bisogna poi dimenticarsi che anche chi non è un investitore istituzionale e/o professionale si trova di fronte al fatto che oggi investire in titoli di Stato dà rendimenti bassissimi, quasi antieconomici, quindi a questo punto tanto vale affidarsi a mettere i propri soldi in materie prime come pure in titoli derivati ad esse collegati. Nel contesto delle materie prime e quindi di fatto anticipando le conseguenziali quotazioni nei mercati finanziari , i più lungimiranti sono stati ancora una volta , manco a dirlo , i cinesi e questo anche grazie alla loro vittoria sul Covid avvenuta con molti mesi di anticipo rispetto ad altri continenti. Sul loro territorio estraggono in grandi quantità rame, litio e quasi tutte le materie del gruppo dei 17 elementi chimici della tavola periodica la c.d. “terra rara”; il materiale poi che non estraggono in patria lo acquistano all’estero. Il nichel nelle Filippine ed Indonesia, il cobalto in Congo dove peraltro già da tempo possiedono le principali miniere. Tutti questi minerali vengono poi trasformati direttamente sul suolo cinese, tanto che oltre l’ 80% dei materiali grezzi necessari per la costruzione delle batterie agli ioni di litio proviene da aziende del dragone. Tutto questo crea un fermento finanziario che ancora per molto tempo dirotterà l’interesse degli investitori anche di casa nostra. Voglio porre l’accento sul fatto che per l’approvvigionamento di “terre rare “dipendiamo ( tutti i Paesi europei) dalla Cina per il 98% , stessa cosa per borato dalla Turchia e per il platino per il 71% del fabbisogno dal Sud Africa. Collegando la parte economica con parte la finanziaria segnalo inoltre che solo per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio dell’energia, nel 2030 l’UE avrà la necessità di un approvvigionamento di litio di oltre 18 volte superiore a quello attuale e di 5 volte superiore sarà il bisogno di cobalto. Ecco allora spiegato l’interesse crescente del mondo finanziario verso questa tipologia di investimenti, rammento che nel 2050 le quantità dei materiali suindicati triplicheranno , mentre decuplicherà la domanda di “terre rare” impiegate nei magneti permanenti di veicoli elettrici, tecnologie digitali e generatori eolici. Insomma ci aspettano mesi di evoluzione e diversificazione negli investimenti dove riveste e rivestirà sempre di più importanza il connubio tra finanza ed economia. Non si può più ipotizzare che chi gestisce gli investimenti non abbia un aggiornamento continuo ed anzi direi giornaliero con chi si occupa prettamente di economia collegata allo sviluppo.