
24 Set “PAMPHLET” SULLA PATRIMONIALE
John Locke ( filosofo britannico 1632 – 1704) , anticipatore dell’illuminismo, da sempre considerato il padre del liberalismo classico e dell’empirismo moderno , inserì la proprietà tra i diritti naturali dell’uomo. “Proprietà” intesa come diritto antecedente alla politica ma necessario a giustificarla solo e solamente perché la politica è messa a garanzia e tutela della civiltà moderna. Oggi una imposta patrimoniale , ai tempi della pandemia da Covid 19, non sarebbe ne giusta, ne equa e tantomeno opportuna proprio perché implicherebbe una ulteriore tassazione sul patrimonio degli italiani, cittadini già tra mille difficoltà. E’ proprio di due giorni orsono la comunicazione dell’ISTAT che la pressione fiscale in Italia nel 2020 è salita al 42,8% , era del 42,4% nel 20 19, con un deficit/ PIL al 9,6%. Premesso che come tutti sappiamo la capacità contributiva viene commisurata al reddito e non al patrimonio, ritengo che sia costituzionalmente illegittima una imposta che possa andare a colpire i patrimoni . “ Vessare” la proprietà privata violerebbe l’art 53 comma 1 della Costituzione laddove si afferma che: “ … l’imposizione deve avere il suo limite naturale insito proprio nella “capacità contributiva” ove la stessa si può commisurare solo e solamente al reddito e non al patrimonio…”. Interessante anche l’importanza di ciò che sancisce l’art. 47 della Costituzione, laddove si tutela ed incoraggia il risparmio , così come l’accesso il più ampio possibile, alla proprietà della propria abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice, all’investimento azionario nei complessi produttivi. La c.d. capacità contributiva è incardinata attraverso indicatori specifici : 1) il reddito: è il flusso economico che si rinnova costantemente anno per anno , indicando ad una data certa la capacità contributiva. Il reddito ha tre sole possibilità per essere utilizzato: nel consumo, nell’investimento e nel risparmio. 2) il patrimonio: è costituito dall’insieme economico-finanziario-patrimoniale formatosi dall’accumulo del risparmio nel tempo. Può variare di consistenza (valore) ma è sempre un’unica entità riconducibile di anno in anno. (n.d.r. Einaudi rimarcava che: “…capitale e reddito non sono due entità distinte, sibbene la stessa entità ma vista sotto differenti sembianze…”. Quindi l’imposta patrimoniale costituirebbe una doppia tassazione sul reddito, colpendone quella parte rappresentata dal risparmio nell’unica forma naturale ed indefettibile che esso può di fatto assumere : il patrimonio accumulato – investito nel tempo. Si ritorna così al fatto inopinabile che l’imposta patrimoniale violerebbe, ove applicata, in primo luogo il già citato art. 53 della Costituzione, perché il patrimonio non è indice di capacità contributiva disgiunto dal reddito che , peraltro ha già prodotto di suo una imposta. Per contro acclarerebbe , ad indice, uno status del tutto presuntivo, a prescindere da una effettiva disponibilità economica e ciò quindi in aperto contrasto con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. 21/2005) e con l’art 47 della Costituzione che tutela il risparmio , come pure l’art 3 perché andrebbe a discriminare i cittadini colpendoli due volte sul medesimo presupposto di reddito. Personalmente definirei l’imposta patrimoniale come una imposta esclusivamente “ideologica” , perché tenterebbe , in maniera alquanto maldestra, di recuperare a valle un principio ( per me non condivisibile) di parità sociale tramite l’appiattimento del reddito , fatto questo che risulta in contraddizione con la ragion d’essere ed il fondamento stesso dello Stato nella sua intierezza. Di fondamentale importanza risulta il fatto che un ulteriore prelievo sui patrimoni , a fronte del già elevato livello di prelievo sui redditi , accentuerebbe la criticità della c.d. “doppia tassazione” , il rapporto di fiducia cittadini-consumatori, il rilancio dell’economia , il rischio concreto di espatrio (immersione) di capitali, le distorsioni nel rapporto risparmio-investimenti, la disincentivazione dell’attività imprenditoriale pura con una consequenziale e più che proporzionale perdita di posti di lavoro. Per contro ritengo che il principio costituzionale della capacità contributiva , dovrebbe venire premiato (!!) essendo di fatto il contributo posto in essere dai cittadini alla formazione dell’incremento della ricchezza complessiva di una nazione. La doppia imposizione di reddito e patrimonio (reddito risparmiato) renderebbe assolutamente iniqua l’imposta patrimoniale, peggiorando di fatto la condizione economico-finanziaria di chi la subisce . Non può neppure essere considerata un’imposta di “ scopo” ( ad esempio oggigiorno per fronteggiare le emergenze finanziarie dovute alla Pandemia ) dal momento che in Italia vige il principio dell’unicità di cassa . ( n.d.r. : in cassa confluiscono flussi diversi di entrate che vanno a costituire un “fondo unico “ a disposizione dell’Ente per effettuare pagamenti diversi , fatto questo che vieta gestioni fuori bilancio). Bisogna sempre ricordare che il risparmio degli italiani è un bene nazionale prezioso perché risulta essere la “diga” contro l’alta marea dell’abnorne ed incontrollato valore del dedito pubblico nazionale. In Italia esistono già altre “ diverse patrimoniali”, che attualmente colpiscono i conti correnti bancari e le proprietà immobiliari. L’ IMU che partecipa al PIL con gettito di circa l’ 1,2%, l’imposta patrimoniale indiretta di registro con un’aliquota del 9%, il bollo per la registrazione di contratti di vendita-affitto, l’imposta sulle successioni . E’ utile dare una scorsa ai raffronti internazionali riconducibili alla compilazione dei dati da parte dell’ “OECD Revenue Statistics”. Le imposte complessive incassate dallo Stato Italiano sulla proprietà ammontano al 6,1% del PIL ( valore superiore alla media OCSE del 5,6%) , imposizione con valore intermedio tra il 2,7% della Germania ed il 9% della Francia. Lo stesso discorso è valido per le imposte di successione. Presa visione di una recentissima review internazionale sulle 24 economie più avanzate , solamente 4 incassano tasse con un valore superiore allo 0,2% rapportato al PIL: Belgio, Francia, Giappone e UK. Dieci delle economie avanzate , tra cui l’Italia incassano meno dello 0,1% . Si nota così che l’imposta patrimoniale sugli immobili colpisce in misura proporzionalmente maggiore i patrimoni medio-bassi, accentuando una influenza negativa sulla crescita. Da un punto prettamente economico segnalo inoltre che già oggi le imposte patrimoniali ( quelle definite speciali sono IMU, IVIE, IVAFE) sono ordinate in funzione del patrimonio posseduto ma però vengono pagate con il reddito prodotto, quindi se intaccando il patrimonio accade che diminuisca la produzione , se ricadono sul reddito diminuiscono l’incremento del proprio patrimonio complessivo a cui corrisponde anche una diminuzione del livello totale del grado di consumo. D’altro canto possiamo ben parlare anche di patrimonializzazione dell’IRPEF e dell’IRES per la parte relativa alla determinazione dei redditi fondiari . Tutto ciò evidenzia quindi l’equivalenza esistente tra reddito e patrimonio, ove il patrimonio non esprime una propria ed autonoma capacità contributiva rispetto al reddito. Una pura imposta sul patrimonio diverrebbe incostituzionale nel momento preciso in cui “potrebbe” causare una spoliazione , anche parziale , della proprietà personale. Concluderei con una riflessione. Bisogna porre molta attenzione all’introduzione di nuovi tributi senza averne adeguatamente studiato le conseguenze comportamentali sui contribuenti nell’odierno mondo globalizzato e quindi in un’ottica sia nazionale che internazionale , ciò per evitare che un mero slogan politico sfoci un flop economico- finanziario. Vero si è che varrebbe invece la pena di lavorare sui tributi già esistenti, aggiornandoli per renderli più razionali, competitivi , in poche parole più moderni ed attuali per un mondo in febbrile ed incontrovertibile cambiamento , ciò al riparo da comportamenti elusivi sempre più aggressivi ed incontrollabili. Iniziative mirate , ad esempio , sui temi di IRPEF, IRAP , imposte di successione e donazioni combatterebbero , fino a mettere definitivamente a tacere, ogni tipo di propaganda populista e demagogica. Non dimentichiamo poi che il compito del mercato e quindi dello Stato di riferimento, è quello imprescindibile di rendere possibile una crescita economia- sociale di mercato , concependo il fisco in modo funzionale fino al raggiungimento di un nuovo, moderno e quindi attuale “ patto fiscale” tra cittadino ed autorità politica -economica. Secondo chi scrive sarebbe necessaria la creazione ( anche adeguando le pre-esistenti) di istituzioni inclusive insite in una società attiva e produttiva, che incentivino , sia giuridicamente che fiscalmente, il coinvolgimento del ( al ) risparmio privato con iniziative ad alto valore aggiunto tramite scambi “ volontari” che siano fautori di generare vantaggi economici tangibili per tutti gli autori coinvolti ma esaltando sempre e comunque il ruolo sovrano e costituzionale del cittadino . Cittadino inteso nella concezione tecnica di “motore” di crescita e soggetto economico atto a produrre , se lo Stato glielo permette, valore per se ma anche per tutte le parti economiche coinvolte in un “ new normal” economico-finanziario post pandemia .