
02 Nov MONTE PASCHI: UNA STORIA TUTTA ITALIANA
Dopo che negli ultimi 12 anni lo Stato Italiano ha di fatto “sponsorizzato” M.P.S. con la bellezza di 30 miliardi di euro, oggi salta la fusione bancaria più attesa e non solo dal mercato italiano, tra Monte Paschi Siena ed Unicredit per un “delta” di 3,5 miliardi. Il “contributo” che il Ministero dell’Economia era disposto a mettere sul piatto della trattativa era al massimo di 5 milioni , valore che si scontrava contro una chiara indisponibilità a sostenere la forte ricapitalizzazione auspicata da Unicredit per M.P.S. Lo sforzo finanziario richiesto fino ad una capienza di 8,5 miliardi , omnicomprensivo di aumento di capitale ed oneri accessori, è stato valutato troppo oneroso dal MEF che ricordo è socio di maggioranza in M.P.S. con una quota del 64% e ciò dopo averne evitato il default stabilizzando di fatto la banca che era in chiara situazione di insolvenza verso creditori ed obbligazionisti. Interessante ora è valutare ,a monte , le modalità che erano a base del possibile passaggio. Oltre al rafforzamento del capitale della banca toscana , da effettuarsi ante cambio di proprietà , le “condicio” riguardavano il passaggio ad Unicredit solo delle attività giudicate da quest’ultima più idonee ed una gestione degli esuberi fino a 7/8.000 unità in esubero. Ma non solo. Tra i vari nodi evidenzio : 1) quello della valorizzazione del ramo di azienda individuato da Unicredit con una valutazione di 1.3 miliardi a fronte di una redditività stimata in circa 600 milioni all’anno, cosa che avrebbe permesso ad Unicredit, in circa 30 mesi o poco più dall’acquisizione , di ripagarsi quasi totalmente l’investimento ; 2) altre condizioni richieste erano quali nessun costo di acquisizione, di accrescimento dell’utile con un perimetro operativo selezionato e nessuna tipologia di causa legale contro Unicredit post acquisizione. Personalmente non credo assolutamente in un “ game over” tra i due gruppi , bensì sono fermamente convinto che si tratti invece di una strategia negoziale ben studiata , definita e programmata in ogni sua evoluzione da parte di Unicredit per poter oggi “far saltare il banco” ciò per far sì che il Tesoro , senza ulteriori alternative concrete, “valuti” l’effettivo “ danno minore” da sostenere . Oggi però al momento , al Tesoro potrebbe risultare meno costoso (forse) fare un aumento di capitale “stand-alone” tramite la negoziazione diretta con la Dg Comp: ( Direzione alla Concorrenza) guidata da Margrethe Vestager. Attenzione però, perché i tempi tecnici per predisporre un aumento di capitale sono alquanto lunghi , oltre che molto elevati i costi da sostenere atti alla preparazione tecnico- legale per predisporre l’operazione. Detto ciò il Tesoro , obtorto collo, dovrà forza maggiore chiede una proroga del termine in scadenza nel Dicembre c.a. per privatizzare M.P.S. La nuova scadenza concessa dovrà essere esaustiva per permettere di ottemperare al rafforzamento della Banca con anche l’avvio dei rimedi compensativi che la DgComp vorrà vedere applicati quali sicuramente il taglio degli esuberi e quello degli sportelli. A tale proposito rammento che nel programma di UniCredit si prospettava la sola acquisizione di circa 1.200 sportelli sugli oltre 1.500 oggi posseduti e più specificamente alla Banca milanese non interessavano quelli di Sicilia, Calabria e Puglia. Vista oggi l’operazione in un quadro di macroeconomia con un Pil previsto del 6% si può ipotizzare un interessante rialzo dei tassi e quindi un consequenziale incremento dei guadagni per le Banche . In merito ai crediti deteriorati ed alle cause legali in corso , M.P.S. potrebbe veicolare il tutto ad Amco – Asset Management Company , assicurando così una continuità aziendale in attesa di una definizione della cessione anche se non sembrano profilarsi possibili soluzioni nel breve periodo. A conclusione ribadisco un parere del tutto personale: le parti si rimetteranno al tavolo perché questa cessione , al contrario di quanto scriveva il Manzoni “…s’ha da fare..”.