MONTE PASCHI: LA LOTTA CONTINUA.

MONTE PASCHI: LA LOTTA CONTINUA.

Seguito  del mio precedente  articolo su MPS  datato 02/11/2021.  Gli accordi con Bruxelles erano molto chiari : lo Stato , quale socio di maggioranza di MPS , avrebbe dovuto uscire dal capitale della banca di Siena privatizzandola entro il 2021 e questo dopo che l’ultimo “stress test” della  Bce aveva acclarato che a MPS occorrevano subito altri 2,5 miliardi di Euro.  Lo Stato messo nella condizione di non poter più sovvenzionare ancora la banca , per poi tenerla , ha dovuto  quindi cercare un compratore : l’unico che si è seduto al tavolo del Governo è stato Unicredit.  Prima di analizzare il fallimento ( secondo chi scrive momentaneo) tra le due parti , voglio riassumere per sommi capi  come si è giunti a questo punto.  Gli aumenti di capitale che si sono susseguiti negli anni sono stati ( in miliardi di euro):  5 nel 2008 ;  2,1 nel 2011 ; 5 nel 2014 ;  3 nel 2015 ;   8,1 nel 2017 tramite un vero e proprio salvataggio di Stato .  Per  coprire  il “ buco “ di 8,1 miliardi   vengono convertite  in azioni 2,7 miliardi di bond subordinati e quindi lo Stato si  è visto  costretto a mettere sul piatto  altri 5,4 miliardi , diventando di fatto il maggior azionista in MPS.   Nel dettaglio quindi i  “ prestiti “ dello Stato occorsi nel tempo calcolati  sempre in miliardi di euro , hanno seguito le qui di seguito erogazioni :  1,9  nel 2009 tramite i “ Tremonti Bond “ ;  3,9 nel  2013 tramite i “ Monti Bond “ che sono andati a sostituire i “ Tremonti Bond”.  Di contro i rimborsi effettuati da MPS sono stati : 3 nel 2014 e 1 nel 2015 , pagamento questo  a copertura degli interessi debitori sui “ Monti Bond “ ed effettuato tramite il “ giro “ allo Stato del 4 % delle azioni della Banca.   Insomma una lenta , progressiva, costante ed auto distruttiva strada perpretata nel tempo, peggio non si poteva fare : MPS è a tutti gli effetti sull’orlo del fallimento.   Arriviamo ad oggi.   Realmente cosa è accaduto nella trattativa Stato / Unicredit?  La trattativa vede per  Unicredit sedere al tavolo con il Mef  l’a.d.  Andrea Orcel,  ovvero il banchiere che 14 anni prima , da capo di Merrill Lynch , aveva personalmente seguito ed intermediato la vendita di Antonveneta ad un valore poi risultato fatale per MPS.   Di fatto l’acquisizione di Antonveneta è stata  documentalmente  l’inizio della fine per MPS.   L’operazione viene chiusa con il Santander per 9 miliardi di euro ,  almeno il doppio del valore effettivo  contabile – patrimoniale di Antonveneta .   MPS non avendo i soldi  liquidi necessari per chiudere l’operazione  si indebita per 3 miliardi e contestualmente chiede ai soci un primo aumento di capitale per  5 miliardi, è il 2008.  Ora le  condizioni sul tavolo della trattativa:   1)  lo Stato deve versare 6.3 miliardi in  MPS per aumento di capitale ,  2)  garantire 2,2 miliardi di benefici fiscali,   3) cedere i crediti deteriorati svendendoli al nominale al fondo Atlante ( e/o un fondo similare) ,    4) assicurare Unicredit da qualsiasi tipologia di rischio legale presente e soprattutto futuro,  5)  tagli del personale per  almeno 7.000 unità su 21.000 dipendenti odierni ,  6)  Unicredit acquisterebbe la parte “buona” di MPS  sborsando una cifra massima di 1,2 miliardi contro una  forbice monetaria richiesta dal Tesoro compresa tra i  3,6/4,8 miliardi. Non c’è margine di trattativa, non c’è un punto d’incontro e   nonostante gli sforzi di entrambe le parti non è stato possibile raggiungere un accordo che soddisfacesse tutti parametri stabiliti nel “ Memorandum d’intesa” .  A questo punto tutto salta ed i negoziati vengono chiusi.   Unicredit forse ne riparlerà nel piano industriale in presentazione il 9 Dicembre prossimo. Oggi quindi lo Stato si trova nella difficile situazione di doversi sedere a due tavoli contrapposti ma  collegati, con la Bce e con la Ue. Nel mentre in data 8 novembre il ceo della banca , Bastianini in adunanza alla Commissione d’inchiesta sulle banche , ha fatto presente che  il taglio del personale riguarderebbe 4 mila unità , pari al 20% dell’attuale forza lavoro. L’operazione  sarà  da avviare nel corso del 2022 per “ tenere in piedi” l’istituto ed inoltre rispettare le prossime richieste della Commissione Europea  che dovrà anche autorizzare la proroga della partecipazione statale nel c.s. dell’istituto. Gli esuberi saranno tutti concordati con i sindacati di riferimento ed avranno un costo stimato in circa 950 milioni.   Per contro nel 2026 questa operazione porterà risparmi pari a 315 milioni.  Essendo  oggi la banca in un regime di “aiuti di Stato” dovrà , forza maggiore, rivedere complessivamente il perimetro operativo-organizzativo del gruppo , eliminando senza indugio ed ulteriore perdita di tempo i settori aziendali del gruppo  che risultano non essere più profittevoli  e ciò tramite un’attenta disamina della struttura dei costi e quindi, come detto, in primis  del personale.  Punto focale sarà la negoziazione inerente l’aumento di capitale che si terrà a Francoforte. Il Tesoro potrà intervenire con altri soldi  pubblici solo e solamente se lo  faranno anche investitori privati. Rammento che ad oggi le azioni MPS in mano allo Stato valgono circa 650 milioni che portano la perdita potenziale a ben 4,8 miliardi. Questo importo sommato ai 15 miliardi dei privati “bruciati” in inutili aumenti di capitale ed ai 2,7 miliardi di  pertinenza dei bond portano ad un costo totale per MPS  sostenuto- sostenendo di oltre 22 miliardi.  Nota positiva che negli ultimi 9 mesi di gestione l’istituto, nonostante la pandemia, ha ottenuto utili per 338 miliardi.