L’IMPORTANZA DELLE PAROLE DI UN “CAPO”

Tweet : << …325 miliardi di dollari di altri prodotti cinesi inviati negli USA restano non tassati, ma lo saranno presto, al 25%. Il negoziato per l’accordo commerciale con la Cina continua, ma troppo a rilento, mentre loro cercano di ritrattare. No! …>> E’ bastato un tweet di Trump del suindicato tenore per scatenare una bagarre borsistica con vendite a ruota libera come non si vedevano da tempo .Eppure si è trattato solo di “minacce” perché nessuna decisione concreta è stata ancora presa. Un’azione “trumpiana” completamente a sorpresa visto che è in corso il rush finale dei negoziati che potrebbero portare ad una duratura tregua commerciale tra i due paesi e non solo! E’ in preparazione la visita del vice premier cinese Liu He a Washington, e tutta la delegazione cinese è pronta per il nuovo round sul commercio che si terrà domani 8 maggio. L’attesa comune dei mercati globali è che USA e Cina  possano trovare una soluzione a metà strada visto che , il cavallo di battaglia di Trump è il fatto che gli USA stanno perdendo negli ultimi anni circa 500 miliardi di dollari all’anno in commercio. Le borse europee sono tracollate, Milano a fine giornata segnava un passivo dell’1,63 %, oggi alle ore 10.10 ha recuperato con un + 0,52 % che fan bene sperare. Altre borse in perdita erano Francoforte 1,01%, Parigi 1,08% mentre Londra si è salvata essendo stata chiusa per festività . A Wall Street i titoli più colpiti sono stati quelli tecnologici ed industriali collegati direttamente alla domanda cinese. In estremo oriente il grande tonfo è stato quello del Composite di Shangai che è franato ad un -5,58%. Ma che tipo di politica è quella di Trump che tutti contestano con una mano ma che tutti amano e seguono con l’altra? E’ la politica dei bluff e del traccheggiare tipico dei “ suk “,i variopinti mercati orientali all’aperto dove qualsiasi trattativa è avvalorata e correlata da un mercanteggiamento continuo ed estenuante. Eppure siffatto modo di operare  ha fatto si che a seguito delle elezioni di Trump come capo del più potente paese al mondo si sia  innescato un “boom economico americano” che ha sorpreso e sta sorprendendo sia gli addetti ai lavori internazionali che gli stessi economisti USA. Il risultato è una crescita imprescindibile  e sopra ogni giudizio di oltre il 3 % in termini reali ,con una disoccupazione (udite, udite) ai minimi da 49 anni! All’inizio della politica di Trump si diceva che miracolosi erano stati i tagli fiscali , oggi fra mille giudizi negativi e polemiche , tutti dobbiamo ammettere che è invece il protezionismo. Di fatto il 3% di crescita è dovuto a due motivi ben definiti: 1) lo 0,9 % della crescita del 2018 con un trascinamento fino a quest’anno è dovuto alla riforma fiscale introdotta nel 2017 (valore pari ad 1/3 della crescita); 2) il resto proviene dall’aumento della produttività che ,oggi, è salita già del 2,3 % rispetto allo stesso periodo del 2018, attestandosi quale risultato migliore dal 2010 quando l’economia stava vivendo di rimbalzi continui dopo la lunga e profonda recessione dei due anni precedenti. Tra  il 2010 e il 2017 la produttività ha registrato un trend di crescita di circa l’1% l’anno e ciò sta a significare che l’economia americana è in piena accelerazione. E’ risaputo a tutti che i dazi e le tariffe creano solo problemi per tutti ,tanto che se Washington impone dazi a Pechino di rimbalzo colpisce i paesi europei. In Cina il governo sta combattendo con la  possibile diminuzione delle esportazioni causate dai dazi, incentivando l’economia domestica collegata ad un enorme mercato interno e con politiche espansive estere quali la  “nuova della seta”, la Belt and Road Initiative. Il governo Cinese, con questi stimoli all’economia domestica ha bilanciato l’impatto negativo del commercio estero tanto che, dopo un primo shock causato dalle sanzioni del 2018 , la crescita complessiva del primo trimestre è stata di un + 6,4% , valore pari al doppio della crescita americana e di molto più del triplo di quella europea. Al contrario, visto che negli Stati Uniti il consumo interno è di molto superiore a ciò che si produce, la bilancia estera USA è risultata passiva per un 2,6 % del PIL.  Vittima sacrificale in tutto ciò è come sempre l’Europa che ha un mercato interno ricco ma saturo e stagnante sempre più dipendente dalle esportazioni e quindi vittima sacrificale del protezionismo.

Fabio Accinelli