L’ECONOMIA DELL’IMMIGRAZIONE

Esiste uno studio finanziato dall’ UE che prende il nome di “Migro-Village” che si riferisce alla costituzione, da parte dei migranti, di ghetti ove essi vivono, collocati nelle aree rurali. Attraverso questa ricerca si è potuto redigere una mappatura precisa e capillare di quelle specifiche aree europee interessate dal movimento migratorio per poi associarle agli effetti economico-sociali di tali realtà. Si tratta di una nuova situazione economica che, basandosi  su metodi di studio scientifici, ha portato a risultati inerenti l’integrazione dei migranti nell’economia Italiana con effetti reali circa occupazione e salari. Tutto questo, però, non è uguale per ogni singolo Stato: ciò dipende dalla tipologia di politica migratoria applicata. Il primo imput è dato dalla percezione che il fenomeno migratorio ha su un determinato popolo di un determinato Paese. L’errore primario fatto dal “Paese in arrivo” è quello di credere che un sistema economico sia un’entità statica e che in esso ci siano un numero fisso e determinato di opportunità lavorative. La dimostrazione vivente di quanto assunto è data prevalentemente dalle grandi metropoli mondiali, ad esempio New York, dove l’afflusso di  unità lavorative  proveniente da paesi terzi attrae da sempre un incremento di capitali e ,quindi, di investimenti.

I migranti si dirigono sempre dove sanno che esistono più possibilità di lavoro. Ad esempio in Italia  nel 2017 ,nella provincia di Milano, erano circa 338.000, ovvero il 10,4 % della popolazione, con un incremento del 6,7 % per l’anno 2018 ed un ulteriore 5 % nei primi mesi del 2019. Nel triennio 2014-17 quando la Germania trainava l’economia di tutta Europa, i tedeschi avevano attratto sul loro territorio un numero di migranti di 7 volte superiore a quello dell’Italia ( nei numeri: 5,1 milione di migranti contro i 761.800 dell’Italia). In questo contesto  non bisogna poi dimenticarsi del fatto che esiste una forte  specializzazione settoriale dell’impiego nelle nazioni industrializzate , dove gli immigrati e i nativi svolgono prevalentemente funzioni lavorative complementari e, quindi, non concorrenti .

Nel caso italiano risulta di lieve importanza l’effetto dell’immigrazione sul mercato del lavoro interno. Nel dettaglio economico: l’apporto fiscale e contributivo dei circa 2,4 milioni di stranieri, regolarmente occupati è pari ad € 18,7 miliardi di entrate (contributi previdenziali, Irpef, IVA). A ciò si aggiunga che il costo degli immigrati sul sistema fiscale italiano ammonta ad € 16,7 miliardi (sanità, istruzione, sicurezza, giustizia, servizi sociali): applicando l’ analisi  “costi-benefici” avremo un saldo positivo tra entrate ed uscite di € 2,1 miliardi. E’ una questione di applicazione dei diritti fondamentali della democrazia e della libera convivenza civile, perché è lapalissiano che i Paesi più ricchi siano stati , sono e saranno sempre soggetti a fenomeni di migrazione. Da qui nasce la necessità di rendere le frontiere più aperte (sempre nella fermezza di controlli all’ingresso), con flussi regolamentati, permettendo così al Paese ricevente il flusso migratorio di gestire una fonte di prima accoglienza in piena sicurezza per tutti. Andando nel dettaglio della situazione Italiana, si veda che per ogni unità migratoria il Governo concede un importo di € 35,00 per ogni singolo migrante dopo l’attuazione del “Decreto Sicurezza” voluto da Salvini . Però bisogna essere precisi su quanto effettivamente venga percepito da un migrante ogni giorno ed, invece, a quanto ammonta la spesa per l’accoglienza sostenuta dal paese Italia. Fino al 30/04/2018 i migranti ospitati in Italia erano in totale 173.000 e  per ogni migrante , ogni  giorno, l’Italia sosteneva un costo che variava a seconda dello status sociale riconducibile all’ospite: 45€ al giorno per i minori; 35€ al giorno per richiedente asilo e 32,50 € al giorno per tutte  le altre tipologie di migranti. Attenzione però!!!  Di queste somme il singolo migrante riceve direttamente il cosiddetto “pocket money” di  2,50€ al giorno per un totale di  75,00€ al mese. La restante somma di circa 32,50€ al giorno viene devoluta alle strutture ospitanti. Anche tutto ciò che concerne il sistema della gestione dell’immigrazione  ha un costo per l’Italia. La spesa per il Def per l’anno 2018 è stata di € 4,7 miliardi, di cui 3,4 miliardi dedicati al sistema dell’accoglienza; i restanti 1,3 miliardi invece, sono spese sostenute per soccorsi in mare logistici,  sanitari e costi di primo approdo. Ed ecco come l’Europa ha da sempre “rubato” all’Italia : in questo modo, il suo contributo  è stato di 80 milioni!!! Una vergogna che ha lasciato l’Italia sola  e senza aiuti neppure nell’ affrontare l’emergenza. Ecco quindi che, è stato un atto dovuto il ribellarsi con il Decreto Sicurezza, che ha effettuato tagli al sistema di accoglienza con l’applicazione nella Legge di Bilancio 2019.

A fronte di ciò, è innegabile come la migrazione sia un problema economico, oltre che sociale di fondamentale importanza per l’Italia. Altresì innegabile è la forte motivazione socio-politica dell’effetto dell’immigrazione sul tessuto sociale del Paese. Non possiamo e non abbiamo l’umano diritto di fermarci ai “freddi numeri” . Dobbiamo affrontare il problema di fondo che è imprescindibilmente un problema morale ed umano, prima ancora che economico. Non è facile dare una risposta certa per nessuno e così è pure per chi oggi scrive e discute ogni giorno di soldi, economia e finanza. Ed allora?…………offriamogli un piatto di pasta ….

Fabio Accinelli