LA VIA DELLA SETA

Ormai è da molto tempo che ,chi vi scrive, sta seguendo, studiando, analizzando e quindi scrivendo articoli, ad hoc, sull’evolversi del progetto “one belt one road initative”, ovvero il progetto di espansione dei canali commerciali ed investimento cinese dall’Asia all’Europa ,nato e creato nel 2013 per volontà del presidente Xi Jinping . Viene chiamata, in modo più poetico,  “la via della seta “ e ha già coinvolto, formalmente, 71 stati. Per la Ue, ad oggi hanno sottoscritto i governi di Grecia, Ungheria, Polonia e Portogallo. Sono 210 miliardi di dollari quelli stanziati dalla Cina per infrastrutture ed interventi all’estero. Personalmente sono partito il 19 febbraio 2018 con l’articolo “la Cina gioca con il cuore dell’Europa”, pubblicato da Business e Gentlmen prima ed il sussidiario, a seguire e quindi in data 27.03.2018 con “Trieste e Genova snodi della via della seta tra Cina ed Europa”, pubblicato da Pensalibero.it. L’accordo con l’Italia potrebbe partire con un primo memorandum, nelle giornate del 22 e 23 marzo, quando Xi Jinping sarà in visita ufficiale a Roma per poi proseguire il suo viaggio verso Parigi. Saranno colloqui politici ai massimi livelli. Fino ad oggi Pechino, in Italia, ha già investito 13 miliardi di dollari  e quindi sarebbe alla firma il primo memorandum di intesa con cui l’Italia potrebbe aderire alla “via della seta”. In esso si leggerà la decisione politica di portare avanti questa trattativa con la Cina , proprio in attinenza al progetto di espansione dei canali commerciali ed investimenti cinesi via terra dall’Asia del Sud Est all’Asia centrale e quindi all’Europa tutta e dai porti di Guang-zhou (Canton) e Haikou attraverso Malacca, Singapore, Sri lanka, Gibuti , Suez e quindi su fino all’Adriatico settentrionale al porto di Trieste. In questo accordo, infatti, vi saranno definizioni per il coinvolgimento di più aziende cinesi con il porto Friuliano  .C’è anche un risvolto legale nel progetto con i cinesi ove il governo di Pechino prevede la creazione di due Tribunali specifici a Shenzhen e a Xian  atti alla risoluzione di eventuali controversie commerciali legate alla” via della seta”. Questa idea è stata presa e riprodotta  dalle già attuate corti commerciali di Dubai e Singapore . Vi sono però anche preoccupazioni che non sono passate inosservate né all’Europa , né a Washington, ovvero che molti dei porti coinvolti dall’iniziativa cinese dovranno essere ampliati rendendoli così ,di fatto, potenzialmente adatti ad un doppio uso, sia civile che militare. Queste motivazioni avevano già fatto stizzire l’Amministrazione americana anche prima dell’arrivo di Donalt Trump  alla Casa Bianca . Nello specifico l’accordo con Pechino, ove fosse firmato da Roma, non implicherebbe alcun obbligo o vincolo. L’Italia non assumerebbe impegni finanziari avendo, il memorandum, solamente clausole di intenti atte a facilitare, per le imprese italiane ,l’accesso al mercato cinese, ai possibili investimenti in Cina e la cooperazione delle nostre aziende con le imprese di Pechino per lavori da evadere anche  in paesi terzi. Quale semplice nota, rammento che l’Italia oggi è solamente al 20° posto tra i maggiori esportatori in  Cina con un fatturato di 18 miliardi di euro, 5 miliardi meno della Francia e ben un quinto del fatturato totale della Germania .

Fabio Accinelli

pensalibero.it