
30 Apr ITALIA: PREPARARSI AL PEGGIO
La definizione di “antropologo”, per chi antropologo non è e non lo è mai stato, oggigiorno è diventata un must per chiunque applichi il proprio sguardo all’indagine della realtà e chi più di noi economisti deve vivere quotidianamente con la realtà economico-finanziaria ed i suoi continui mutamenti? Avrebbe dovuto essere un anno bellissimo con l’abolizione della povertà, dichiarata dal balcone di Palazzo Chigi il 27 settembre 2018 da Giuseppe Conte ed altresì ribadita dallo stesso Conte il 1^ febbraio 2019 a Rai2. Invece ecco che l’OCSE, con il rapporto economico sull’Italia, il 1^ di aprile ha sentenziato una crescita sotto zero (meno 0,2%) per l’anno 2019. Il 2018 si è chiuso con una situazione di recessione tecnica dopo i 2 trimestri precedenti con PIL negativo: nessun altro Paese dell’Eurozona è andato così male. Le idee del Governo quali il reddito di cittadinanza e quota 100 sono una zavorra di cui nessuno sa come sbarazzarsene ed ormai è chiaro a tutti che nella migliore delle ipotesi, il 2019 sarà un anno che vedrà l’Italia ferma al palo. A ciò si aggiunga che è sul punto di implodere l’aumento dell’IVA e la riduzione delle tasse (flat tax) è più che altro mera illusione di fantapolitica. In siffatta situazione ecco che, come dicevano i latini, “et secundis et adversis rebus fortis ad pare”, ovvero “gli uomini forti si vedono nella sorte propizia e nella sorte avversa”: ciò fotografa bene gli italiani, oggi come oggi, soprattutto nella sorte avversa. E’ ormai chiaro a tutti che l’attuale esecutivo usa lo stesso modus operandi dei due governi precedenti PD, ovvero privilegia la spesa corrente e non gli investimenti di cui tutti reclamano l’attivazione. Basti pensare che nell’ultima legge di bilancio sono state indicate disponibilità per 43 miliardi per quota 100 e reddito di cittadinanza per il triennio 2019-2021 e solamente l’irrisoria cifra di 9 miliardi per gli investimenti. Non vi è ombra di dubbio che vi siano anche fattori esterni a cui prestare attenzione, quali il quadro economico globale, i dazi, il rallentamento dell’economia tedesca e, senza dubbio, altresì l’impatto, al momento psicologico, (ma di grande rilevanza in finanza) della Brexit. Ma, in tutto ciò, quello cheincide sulla crescita italiana è soprattutto la folle ed ingiustificata politica economica dell’attuale Governo. Basti dire che sono proprio le clausole di salvaguardia che daranno il via all’aumento dell’IVA. A maggior chiarimento si ricorda che le clausole di salvaguardia sono un escamotage tecnico tipico dei governanti italiani; il primo a ricorrervi fu Silvio Berlusconi e poi tutti gli altri governi che si sono succeduti, compreso oggi il governo gialloverde che, non avendo le coperture per le due misure chiave, è costretto ad aumentare le clausole previste in precedenza. Sarà un balzello di 23 miliardi di euro complessivi per l’anno 2020 l’onere dell’aumento dell’IVA, la quale è una “tassa regressiva” che di fatto penalizza le classi più deboli e, quindi, per assurdo, quelle a cui si sta rivolgendo il sussidio del Governo. E non finisce qui. Da un’attenta lettura del DEF si evince anche che nella prossima manovra economica ci saranno “lacrime e sangue”! Infatti, una eventuale flat tax costerebbe tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Tale disponibilità al momento non esiste e, quindi, fare leva sul deficit per tagliare le tasse, farebbe schizzare lo spread alle stesse, con tutte le conseguenze finanziarie di un Paese che, di fatto, vive sull’emissione dei propri titoli alla ricerca di nuove disponibilità e nuovi investitori. E tutto questo in uno Stato già alle prese con una storica stretta creditizia. In pura teoria l’obiettivo (massimo) per quest’anno è quello di riuscire a strappare una risicata crescita del PIL dello 0,4% e ciò quando, a dicembre, si era sventolata una crescita minima dell’1%. Quindi, l’Italia, di fatto, va verso un anno a crescita zero e ciò quando tutti gli altri Paesi europei avanzano, perfino il povero Portogallo che è riuscito a mettere i conti in ordine o la Spagna dove, a febbraio, si è notato come il tasso di disoccupazione giovanile sia in costante decrescita. Una delle prime ricette per guarire da siffatta situazione, oltre all’incentivazione sugli investimenti, è quella legata ai giovani ed alle donne. E’ soprattutto alle donne ci si deve indirizzare perchè in Italia esiste un tasso di occupazione femminile di oltre 12 punti percentuali inferiore alla media europea e di oltre 20 punti rispetto alla media dei Paesi industrializzati nel mondo. Come le basi dell’economia insegnano, il fatto che più donne lavorano si traduce in una maggior crescita economica ed in un tasso di natalità più ampio. Il tutto porta ad incrementi più che proporzionali nei consumi dell’economia nazionale.
Fabio Accinelli