ITALIA 31 OTTOBRE 2018: IL PUNTO ECONOMICO

L’ultimo avvertimento al Governo è dell’Istat, il quale  prevede una diminuzione sulla crescita e quindi sul PIL dell’Italia. Ieri è arrivata al Governo una seconda lettera della UE che richiede nuovi e dettagliati chiarimenti su manovra e debito pubblico e questa, casualmente, proprio nel giorno in cui lo spread torna a salire , supera e si colloca a 310 p.b. , con il rendimento del titolo decennale italiano che ha toccato il 3,47 % (ndr: oggi lo spread ha aperto a 305 p.b.).  Questo è il quadro economico, in breve, in cui si trova l’Italia a pochi giorni dall’allarme lanciato dall’ Agenzia S&P , la quale ha confermato il rating dell’Italia in BBB ma ribassato l’outlook ovvero la previsione economica – finanziaria passata da “stabile” a “negativa”. Nel merito si vede un’ Italia che non cresce più  e quindi tecnicamente un paese con l’economia che ristagna. Il tasso tendenziale di crescita è passato allo 0,8 % dall’1,2% del secondo trimestre 2018, portando la variazione acquisita previsionale per il 2018 al +1 %. E’ troppo facile dire che il punto cruciale sia il debito pubblico, per il quale problema il Governo sta cercando di rispondere con scelte coraggiose ed espansive anche se in netto contrasto con le regole UE. In questa situazione ci si trova , obtorto collo, ad ipotizzare il blocco della TAV senza voler entrare, una volta per tutte, nel merito dei danni economici-finanziari-politici che tale decisione potrebbe arrecare al nostro Paese. Analizzando in breve il fatto di bloccare la Torino-Lione costerebbe di più che realizzarla e portarla a termine. Questo cantiere della tratta internazionale della TAV di fatto è un progetto in fase esecutiva, il bloccarlo peserebbe all’Italia un costo stimabile intorno ai 2 miliardi di euro, suddiviso tra costi diretti per smobilizzo delle  attrezzature e dei cantieri ,ciò senza contare il contributo di 813 milioni, già stanziato dalla UE, per la prima trance dei lavori, importi questi che sia l’Italia che la Francia di fatto perderebbero. Ma non solo! Ai suindicati costi diretti , bisogna aggiungere altre voci quali: la restituzione dei finanziamenti comunitari fin ora erogati , ciò per la mancata realizzazione delle opere previste ; gli indennizzi per la rescissione dei contratti d’opera in corso ed in ultimo, ma non per importanza, l’immenso ed imprevedibile contenzioso che nascerebbe con la Francia, in primis e la UE di conseguenza. Quindi non una generica voce di penali , come si sente dire e si legge, ma bensì un insieme di voci tra rimborsi, indennizzi e danni che porterebbero l’Italia ad essere responsabile del pagamento di un conto molto salato. Siffatta situazione si colloca, quindi di diritto, nella strategia economica del Paese ed il Governo, secondo il giudizio di chi scrive, non può e non dovrebbe bloccare un progetto che oltre ad evitare danni ,porterebbe all’Italia una positività nell’economia e quindi per i posti di lavoro . Di fatto il realizzare grandi opere è un interesse economico nazionale , l’aprire e lanciare nuovi cantieri, rafforza la manovra sulla crescita che di fatto rappresenta il secondo pilastro che tiene in piedi le misure del “contratto di Governo”. Non bisogna mai distogliere lo sguardo dal fatto come l’Italia sia un Paese industriale che deve avere sempre   una visione realistica sul futuro. Oggi questa visione, sembra venire meno con questi “blocchi ideologici” alle grandi infrastrutture che sono , nel merito, solo nell’interesse del Paese. L’Italia  è la seconda manifattura d’Europa  e quindi si collocano nell’interesse comune l’esecuzione delle grandi opere che sono, oltre che la base di un rilancio economico, anche una “idea di società moderna” dove si include la centralità del Paese. Nell’ottica del Governo odierno risulta essere centrale lo spingere la crescita economica  per poter bilanciare lo sforamento di un punto del deficit previsto dalla manovra : ciò quindi va in antitesi ad un Governo che poi ipotizza di poter risolvere i problemi del Paese chiudendo cantieri che mortificherebbero l’economia , la crescita e di riflesso il tasso occupazionale del Paese.

Fabio Accinelli