
21 Gen INFLAZIONE E PENSIERO MONETARISTA
Il mondo è cambiato. E’ tutto nuovo , tutto diverso da come lo immaginavamo anche solo due anni fa . Non sono cambiate solo le dinamiche quotidiane con cui qualsiasi persona, semplice cittadino, grande imprenditore, politico è alle prese ogni giorno, ma anche più strettamente le competenze e responsabilità di ognuno di noi in un contesto socio – economico spesso da reinventare da zero. Questo paradigma ha coinvolto tutte le economie del mondo .L’aumento dei prezzi oggi è globalizzato e così si è tornati sui livelli massimi anche in Europa , dopo 25 anni, ciò anche a causa dei lockdown, dell’impossibilità di reperire materie prime , del rincaro dell’energia consequenziale alla transizione verde. Si è innescata una nuova partita, senza possibilità di ritorno, tra politica e mercati. Siamo transitati in un attimo da un periodo con una domanda aggregata insufficiente , nonostante i tassi di interesse a zero ( post crisi finanziaria), ad un periodo di crescita inflazionistica causata da una domanda eccessiva rispetto all’offerta disponibile. Il “mood” generalizzato è stato quello di volersi discostare il più possibile da un possibile rischio deflazionistico (calo dei prezzi di beni e servizi). Le Banche Centrali si sono trovate a dover indirizzare i loro interventi verso territori fino ad allora inesplorati , quelli delle politiche monetarie non convenzionali sulla pressione sui prezzi. Ed è in questo contesto che trova spazio il mio personale pensiero che si basa sulla teoria monetarista dell’economista newyorkese , Milton Friedman il quale soleva definire l’inflazione , sempre ed ovunque , come un fenomeno monetario atto ad influenzare e quindi modificare le teorie economiche applicative in un certo momento storico ed economico. Sto parlando della teoria macroeconomica che oggi ritengo sia di massima attualità e passibile di applicazione . Si occupa direttamente dello studio , su grande scala , degli effetti dell’offerta di denaro governata dalle diverse Banche Centrali nei sistemi economici di propria pertinenza. In tale contesto , pongo l’accento sull’estrema attualità di questa “teoria monetaria” perché attraverso le relative e consequenziali “politiche monetarie” ha come obiettivo diretto il monitoraggio ed il controllo dell’offerta di denaro su un certo mercato considerando l’inflazione come la diretta conseguenza nel caso di un’offerta di denaro superiore all’effettiva domanda. Il decennio trascorso , con tassi di interesse vicino allo zero e perfino negativi , non è assolutamente salutare per l’economia. E’ noto come i bassi tassi d’interesse causino distorsioni a cascata sui mercati dei capitali. Innescano una ricerca convulsa al rendimento che per contro causa l’aumento del rischio e crea “ bolle” in svariate classi di asset. Così si incoraggia l’uso eccessivo al debito . Ecco perché il ritorno a tassi di interesse, diciamo più “ normali” , è positivo non solo per banche ed assicurazioni , ma anche per i risparmiatori che altrimenti tengono la liquidità tesaurizzata sui conti concorrenti. Oggi quindi il nodo centrale non è tanto il tasso di inflazione registrato negli ultimi mesi quanto le aspettative reali sull’inflazione. Se l’inflazione si dovesse radicare di contro diverrebbe molto più difficile per le Banche Centrali contenere la pressione sui prezzi senza rischiare di rallentare troppo la ripresa in corso. Ruolo fondamentale sarà giocato anche dal mercato del lavoro. Se da una parte la carenza di manodopera rafforza il potere dei lavoratori , potendo essi negoziare salari migliori, dall’altra parte questo fatto innesca una artificiosa quanto pericolosa spirale prezzi-salari. Ritengo che uno dei punti cardine oggi da affrontare senza indugio , sia la necessità di riscrivere le regole del lavoro alla luce dei nuovi bisogni reali creatisi con la pandemia , altrimenti , per contro, la carenza di manodopera causerà un continuo rincaro dei prezzi. In Italia il Pil è caduto dell’ 8,9% nel 2020 a causa della profonda recessione portata dal lockdown con relativa chiusura delle attività. Ecco che per rilanciare l’economia gli stimoli monetari , garantiti dalle Banche Centrali , si sono accompagnati da un’imponente quanto eccezionale manovra fiscale. Al termine della “compressione coatta” dei consumi che ha accresciuto il risparmio in tutto il mondo, è corrisposta un’esplosione della domanda. Questo forte ed irrefrenabile aumento della domanda si è però dovuto scontrare con un’offerta insufficiente a causa delle strozzature delle catene di fornitura ( supply chain ) con carenze di microchip, interruzioni del traffico commerciale , ma anche per l’aumento dei prezzi generalizzati dell’energia. Quindi ? Che fare? Personalmente ritengo che , innanzi tutto , l’inflazione oggi rilevabile non sia , come definita da molti economisti “transitoria”, ma bensì la pressione sui prezzi la definirei meglio come “ più persistente del previsto” . Di conseguenza a questo stato di fatto , auspicherei che le Banche Centrali riducano , in un futuro assai prossimo , gli stimoli all’economia per poi procedere ad un primo rialzo dei tassi ( anche se minimo) , invariati a “zero “ dall’inizio della pandemia. Un’inflazione alta e duratura frena la crescita dell’economia ed impoverisce i risparmiatori , provocando inoltre, come detto, una turbolenza incontrollabile sui cambi e sul mercato del lavoro. Indebolisce e spesso fa “cadere” chi ha un indebitamento troppo alto e causa disordine sui mercati svalutando , ad esempio, gli investimenti in obbligazioni e titoli di Stato. Non esiste una formula magica che possa andare bene per tutti questi problemi ma per tenere sotto controllo i prezzi, il primo step per le Banche Centrali ritengo sia quello di perseguire una politica “disinflazionistica” , eliminando gradualmente il sostegno all’economia e quindi , con lo stesso grado “leggero” di frequenza , rialzare i tassi di interesse . Per contro la Banca Centrale Europea , oggi , si sta muovendo molto lentamente per contrastare l’inatteso rialzo dei prezzi . Concluderà il suo programma pandemico di aiuti ( Pepp) a fine Marzo p.v. , riducendo gli acquisti già da Gennaio. Circa i tassi di interesse , nell’ultima riunione di politica monetaria di Dicembre u.s., Lagarde ha assicurato ( !?) che resteranno a livello attuale ( zero) per tutto il 2022. Ribadisco di non essere d’accordo con queste misure. Userei invece le “teorie monetaristiche” , come prima descritte, in un modo un poco più “draconiano”, alla Paul Volcker ( ex presidente FED) , cercando di affrontare di petto la corsa all’aumento dei prezzi a costo di innescare una fase di “ recessione guidata” per alcuni trimestri consecutivi fino a ristabilire la situazione economico-finanziaria del Paese.