IL NUOVO CAPITALISMO ITALIANO

Il volto nuovo del vero capitalismo italiano sono le aziende famigliari che stanno crescendo sia in termini di numero che di livello occupazionale:  sono queste il vero volto nuovo del capitalismo italiano. John Elkann rappresenta la famiglia Agnelli con una gestione del gruppo per oltre 142 miliardi di euro, Marina Caprotti il Gruppo Esselunga, Leonardo Del Vecchio guida il gruppo Luxottica che, nel 2019, si fonderà con Essilor, Giovanni Ferrero guida il gruppo di famiglia. L’85% delle piccole e medie imprese italiane sono a carattere famigliare ma di fatto sono quelle che rappresentano anche il cuore dell’economia europea, in termini economici sono il 60% del suo valore aggiunto, il 70% dell’occupazione totale. Sono società flessibili e rappresentano il ruolo chiave ed insostituibile per l’innovazione; ciò grazie soprattutto alla loro facilità ai repentini cambiamenti del mercato . In Italia sono proprio queste caratteristiche delle piccole e medie imprese famigliari che hanno fatto si che l’Italia diventasse la seconda economia industriale in Europa, la settima nel mondo industrializzato , ciò grazie all’imprescindibile firma del “Made in Italy” . In tutto questo si rileva come la chiave del nuovo capitalismo italiano sia ,di fatto, l’innovazione ,che rappresenta i 2/3 della crescita economica del continente. Sarà forse una questione di mentalità, di cultura o di semplice voglia di non mollare mai, ma questa tipologia di impresa in Italia si trovano giornalmente a fronteggiare e gestire la crescita internazionale , ma  a livello direzionale e manageriale punto dolente è la difficoltà nel passaggio generazionale. Ci sono altre due paesi europei dove le imprese famigliari hanno una rilevanza notevole. Sia in Francia che in Germania si vedono imprese imprenditoriali di carattere famigliare che sono riuscite a crescere in maniera così evidente , tanto da far assumere ai propri gruppi, a livello economico, dimensioni rilevanti ; ciò con  il supporto bancario che ha messo a loro disposizione risorse finanziarie dirette , lasciando però uno spazio, ancora da coprire, per ciò che concerne la possibilità di approvvigionarsi al mercato del “venture capital “. E’ qui la nota dolente delle imprese famigliari in Italia , perché esse, di fatto, non rivestono importanza sul mercato azionario. Molte di esse sono piccole per accedere ai mercati dei capitali e quindi possono solo affidarsi in maniera predominante alle banche, al fine di stimolare la propria crescita (ndr. gli effetti negativi di questo periodo sullo spread, che di fatto è tornato a superare i livelli di guardia, ha causato un irrigidimento nella ripresa economica dovuta ad una prima stretta nel sistema creditizio). Assumono importanza nel sistema economico italiano, le aziende famigliari con un fatturato superiore al 50 milioni di euro perché in esse l’occupazione negli ultimi anni è cresciuta di oltre il 10% , l’aumento della loro dimensione ha fatto si che abbiano incrementato la presenza internazionale grazie anche a manager più qualificati. Il segreto è nella governance dove ora sono in espansione amministratori delegati ,non del giro famigliare della proprietà. Qui prendono in evidenza i passaggi generazionali dove i più anziani assumono di fatto la funzione di tutor per chi, un domani ,prenderà il posto direzionale e di responsabilità dell’azienda . Un esempio pragmatico, ma di rilevanza predominante, sono ad esempio  i mutamenti negli equilibri della cassaforte della famiglia Versace, prima che la “Gianni Versace” venga ceduta all’americana Michael Kors, per un valore stimato dell’operazione di 1,8 miliardi di euro . In questo caso è coinvolta tutta la parte generazionale della famiglia Versace, ovvero Donatella Versace, la figlia Allegra Versace Beck ed il fratello Santo. Il riassetto è stato posto in essere prima del closing con gli azionisti americani .Ne è nata così, la nuova cassaforte dei Versace dal nome Verim. Realtà creata dalla scissione parziale e proporzionale della GIVI Holding, società spacchettata per permettere la vendita della partecipazione dell’80% della “Gianni Versace” agli Americani ; il restante 20% fa già capo al fondo di investimento statunitense Blackstone . Nella cassaforte Verim è confluita così liquidità per 21,7 milioni, un immobile di viale Maino a Milano valutato 8,8 milioni , opere d’arte diverse che prima erano di diretta proprietà di Gianni Versace, tra esse dei Pablo Picasso, Andy Warhol , Roy, Linchtenstein  ecc… Ecco allora che  tutto quanto fin qui esposto disegna la spina dorsale del paese Italia , nazione economico-industriale di eccellenza, dove però, la famiglia rispecchia un contenuto che forse solo qui ,da noi, ha ed avrà nel tempo sempre tale valenza.

 

Fabio Accinelli