IL BLOCCO DI TRUMP : QUESTA NON E’ DEMOCRAZIA

IL BLOCCO DI TRUMP : QUESTA NON E’ DEMOCRAZIA

…” Quando si scoprì che l’informazione era un affare, la verità smise di essere importante”… bisogna partire da questa citazione del giornalista, scrittore e saggista polacco Ryszard Kapuscinski , laurea “Honoris Causa” dell’ Università degli Studi di Udine, per  valutare  obbiettivamente i fatti di questi giorni.  Per la prima volta nella Storia un’oligarchia di aziende ha autonomamente   deciso  della libertà di espressione di un soggetto terzo, chiunque esso sia e fosse pure  il Presidente degli Stati Uniti d’America .  Facebook ha “sentenziato” , per voce del  suo fondatore, di “…bloccare Trump a difesa della democrazia…”  neanche   fosse Zuckerberg il Presidente di uno Stato sovrano ( capo di Stato non eletto) rivolto ai suoi cittadini,  anziché  il CEO di una Corporation.  Il modus operandi di Facebook e’ quindi stato seguito da Twitter ,  Snapchat . Poi anche   Apple , Google  ed Amazon hanno  bannato dai loro  store   Parler , social network che fornisce un servizio di discussione libera tra cittadini, da tempo  molto in voga tra il “popolo” Trumpiano ; anche questa azione  con un vero e proprio colpo di mano tipico da   “ editto bulgaro”.    I blocchi, anche se paventati da un’aura di  “ significato democratico” , sono stati applicati  per violazione delle policy delle grandi piattaforme :   insomma libertà di parola contro libertà d’impresa!  L’analisi circa la gravità sull’accaduto si pone su due binari ben distinti anche se paralleli.  Il primo rigorosamente giuridico “ de iure condito”: i gestori delle piattaforme hanno proceduto  al blocco dell’account e/o rimozione di un contenuto ,  esercitando diritti contrattuali  esistenti e validi  nei confronti di tutti gli utenti e ciò  nell’ambito dei termini  contrattuali del servizio proposto.   Ad onor del vero pongo l’accento sul fatto che esistono obblighi di legge contemplati sia nell’Ordinamento Americano che in quello Europeo , secondo i quali “ il gestore di una piattaforma seppur non e’ tenuto a monitorare le condotte di tutti i  propri utenti , se non vuole incorrere in azioni legali e risponderne in prima persona, ha l’obbligo di rimuovere , appena accertati, i contenuti illeciti pubblicati dagli stessi ”.  Esiste però una seconda posizione che ricade nel  “ de iure condendo”.  Questa  si colloca  in un contesto più politico e prospettico,  quindi di governo, circa un  futuro  programmato tramite normative in elaborazione  che acclarino   la non condivisione di quanto accaduto nell’ottica di una sostenibilità democratica .  Ci dobbiamo porre la domanda se e come  un soggetto privato ( che peraltro agisce per contratto e quindi legittimamente mosso dalla logica del profitto e chiamato a rispondere del suo operato  solo ai propri  azionisti) possa  decidere  in una democrazia , dei diritti ,  delle libertà fondamentali e  quindi costituzionali di un  qualsivoglia individuo.  La mia  risposta  è  “NO” !   Di qualsiasi soggetto privato si possa  parlare , questi non potrà  mai  bloccare a suo piacimento un profilo social . A farlo deve essere   esclusivamente un’ Autorità perché  il valore di un profilo social deve  sempre eccedere il mero esercizio di un rapporto contrattuale , dovendosi riconoscere in esso il suo senso  necessario e costituzionale .  Si tratta di uno strumento  visto  in una dimensione unica ed insostituibile di espressione   di un diritto personale fondamentale : non può e non deve toccare ad  un soggetto privato decidere quando è arrivato il momento di ordinare l’ostracismo  mediatico di un cittadino . Ciò accadeva nella democrazia ateniese del 500 a.c. dove all’esito di una certa  votazione il popolo condannava a 10 anni di esilio, chi avrebbe potuto essere un pericolo per la democrazia ,  Peraltro se oggi accettiamo  passivamente quanto  imposto  dai social network nei confronti di Trump  , nel medio periodo la cura risulterà di gran lunga peggiore del male perché   accentuerà , per la democrazia , rischi superiori di quelli che vorrebbe oggi evitare.   A parere di  chi scrive Facebook e Twitter hanno posto in essere un vero e proprio gesto  sovrano, sovversivo e destabilizzante rispetto all’ordine democratico,  tanto quanto quello di Trump che non ha accettato il risultato democratico delle urne.   Ritengo che la risposta di uno Stato , ad un illecito che si consuma nella “dimensione digitale” , non  debba essere ritenuta e giuridicamente  vissuta  in maniera diversa rispetto a quella di un illecito che si consuma nella “dimensione fisica”.  In questo contesto non dobbiamo scordare   che se  Donald Trump è stato il 52° presidente USA una grande parte del  merito lo deve  proprio ai social network ,  terreno dove ha sempre vinto ogni duello  mediatico ,durante le precedenti elezioni , nei confronti della candidata democratica Hillary Clinton.  Ed è  proprio sui social che il tycoon ha creato il suo consenso.  Durante il suo mandato ha continuato ad usare i social come   propri canali ufficiali preferenziali di comunicazione , di fatto cambiando le  vecchie regole del gioco politico in  USA.  Non è un caso come sia accaduto spessissimo che un tweet di Trump abbia mandato in orbita  (o affossato)  i listini di Wall Street.   Sono entrati  oramai nella  storia i due messaggi più postati dal Presidente in questi anni American First” e “ Make American Great Again”.  In questo contesto risultano forti le dichiarazioni  , al riguardo  della chiusura da parte dei social network degli account del presidente uscente Donald Trump , da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel : “… è possibile interferire con la libertà di espressione , ma secondo i limiti definiti dal legislatore, e non per decisione di un management aziendale..  .    Dello stesso tenore  anche  il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire il quale   ha dichiarato : … La regolamentazione dei giganti digitali non può essere fatta dalla stessa oligarchia digitale. L’oligarchia digitale  oggi è una delle minacce più importanti che gravano su Stati e democrazie…” . Ed in tutto questo bailamme di fatti l’economia e la finanza come hanno reagito?    Sicuramente l’assalto a Capitol Hill e’ stato l’11 settembre dei social media. Gli scontri occorsi a Washington hanno brutalmente dimostrato la fragilità delle nostre democrazie ,  la loro sopravvivenza è di fatto minacciata dalle società tecnologiche molto poco regolamentate.  Non è un caso che proprio nel passato mese di Dicembre la Commissione UE abbia varato il “ Digital Services Act”.  Un pacchetto normativo rivolto alla libera concorrenza ed  alla  costituzione di garanzia sulla responsabilità nel mercato digitale europeo. Tutto questo si concretizzerà  con  il rafforzamento dei poteri antitrust di Bruxelles che potrà  così imporre il frazionamento dei colossi americani all’interno della UE.  Queste azioni cercano  di porre un rimedio ( tardivo)  alla situazione  venutasi a creare  a seguito del  caso Trump e ciò  nell’indifferenza attonita di un mondo stremato dalla pandemia, ma anche dall’irresponsabilità di chi doveva controllare e prevenire certe situazioni perché dotato dei poteri  specifici nei vari  governi mondiali.  Oggi tutto  è esploso facendo partire  la caccia al colpevole, troppo  facilmente individuato  in Donald Trump. La situazione è  scappata  di mano a tutti e vede  il mondo precipitare in una incertezza assoluta  e questo proprio  alla vigilia dei mesi più difficili della nostra storia recente sia economica che sociale il cui giudizio finale  sarà affidato alla storia .  Oggi  tutto  è  avvolto in uno stato d’ansia  regolatoria draconiana divenuta sempre più insopportabile perché imprevedibile.    Al 13 gennaio i social continuavano la loro discesa in borsa  Facebook  con il  -2% a 251,6 $ e Twitter  con il  -2,3% a 47,04 $ :  tutto questo , non dimentichiamolo è  direttamente imputabile alla censura posta in essere nei confronti di Trump .  I due social media stanno perdendo utenti  che sono in  fase di  continua e massiccia migrazione su altre piattaforme ritenute  “non ostili “ al presidente Trump ed al loro slogan “ stop the steal “.