Xi Jiping (Lapresse)

GEO-FINANZA/ La Cina pronta a comprarsi l’Europa dell’Est

La Cina sta lavorando molto con i Paesi dell’Est Europa, con un progetto economico che rischia di creare un grosso problema politico a Bruxelles. FABIO ACCINELLI

Oggi come oggi il colosso asiatico Cina gioca più che mai un ruolo importante nel cuore del Vecchio continente, andando a inserirsi in uno scenario sempre più globale. Pechino ha varato progetti infrastrutturali che andranno a modificare, di fatto, il mercato orientale e le certezze politiche-economiche dei paesi europei. Il vertice di Budapest dei 16+1 tenutosi il 27 novembre 2017 ha visto confrontarsi Pechino e i premier di 16 paesi dell’Europa centro orientale: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituana, Romania, Bulgaria, Albania e le 6 ex Repubbliche della Jugoslavia. 

Visti nel dettaglio, 11 paesi già nell’Ue e 5 dei Balcani in attesa di entrarvi: tutte nazioni con seri problemi e frustrazioni nei confronti di Bruxelles. Nazioni necessitanti di trovare partner che possano investire nelle proprie economie in maniera diretta, funzionale e continuativa, tutti aggettivi riscontrabili nella forza economica e finanziaria della Cina. 

Si può vedere in questo futuro, mai così prossimo, la costruzione di una nuova “Via della seta”, ovvero una modernissima rete ferroviaria lunga più di 11.000 km creata per trasportare, in tempi velocissimi, merci cinesi a prezzi competitivi nel cuore dell’Europa. Sono occorsi meno di 10 anni per terminarla. Di fatto operativa dal 2016, proprio a Budapest – sede del vertice dei 16+1 – è arrivato in aprile il primo treno merci da Pechino. Ora è partito il progetto per collegare, ad alta velocità, Budapest a Belgrado, un’opera ingegneristica da 2,8 miliardi di dollari che darà lavoro a migliaia di operai, ingegneri, tecnici e società specializzate dei paesi dell’Est Europa con la supervisione cinese. Tale opera permetterà di ridurre i tempi di percorrenza per merci e passeggeri da 8 a 3 ore, recuperando di fatto la vecchia rotta balcanica con l’aggiunta, economicamente rilevante, al Sud del collegamento con il porto del Pireo (incrementando così anche l’occupazione greca) e al Nord con l’Ungheria. Figura economica particolarmente importante per Pechino diverrà la Lettonia, perché permetterà alle merci del colosso asiatico di entrare con forza  in tutto il mercato scandinavo. 

Il terminale italiano della nuova Via della seta, invece, è collocato in una zona strategica tra i corridoi europei di Lisbona-Kiev e Genova-Rotterdam e, soprattutto, vicino alle autostrade per Milano, Bologna e Torino. L’Italia è tra i maggiori Paesi europei destinatari di investimenti cinesi e il nostro export verso la Cina è cresciuto l’anno scorso del 25%. La “Nuova via della seta” lanciata da Xi Jinping nel 2013 può essere un’occasione ghiotta e irripetibile: peccato però che dopo l’arrivo il 17 dicembre scorso a Chengdu del primo treno merci partito da Mortara, nei due mesi successivi nessun nuovo convoglio abbia viaggiato lungo la tratta e già si parli di “progetto al palo” in quanto sono emersi problemi con la formazione dei convogli, giacché i cinesi preferiscono aziende in grado di riempire i container con regolarità. Si spera che la situazione si risolva quanto prima. 

Nel contempo, invece, Bruxelles tenta di creare ostacoli con la creazione di regolamenti alla concorrenza cinese e altresì cerca di ingolosire, con poco successo, i paesi dell’Est Europa con fondi Ue che vadano a contrastare i grandi investimenti cinesi sugli appalti per la costruzione delle nuove infrastrutture. Il rischio reale  per Bruxelles è vedere sorgere una zona di influenza cinese nell’Europa centro orientale:  una realtà che da finanziaria ed economica diverrebbe di fatto politica. Il rischio per l’Europa è vedersi sfuggire di mano il governo su una parte  del suo continente, lasciando aperto il fianco centro-orientale a un “terzo socio” economicamente e politicamente oggi molto più forte di lei.

di Fabio Accinelli

18.02.2018 Wall & Street