Europa, Italia e lobby

Europa, Italia e lobby: a che punto siamo?

Parlando di Lobby, il primo pensiero corre subito agli Stati uniti D’America, dove il lobbing (gruppi di interesse che si attiva in modo da esercitare pressioni sulle decisioni dei “decisori pubblici”) ha una tradizione storica lunga più di due secoli ed ha costituito, di fatto, il mezzo concorrente a quello politico nella rappresentanza degli interessi della società civile americana.

La pressione si esercita sia sul Congresso di Washington (dove impegna decine di migliaia di operatori ), sia sui vertici dell’esecutivo guidato dal Presidente degli Stati Uniti. Negli USA esiste un famoso aneddoto nato nel Congresso Americano che recita: “ il modo più rapido e sicuro per conoscere in profondità la fattibilità di un Progetto di Legge è quello di ascoltare il lobbista a favore del provvedimento e quello contrario”. In Europa, al mese di giugno 2017, sono 11.399 le lobby esistenti, ovvero le organizzazioni regolari iscritte nel Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea.

I lobbisti che vi lavorano sono più di 25.000, distribuiti tra Bruxelles e Strasburgo; persone che, di fatto, hanno regolare accesso sia alla Commissione che al Parlamento Europeo. Qui difendono gli interessi delle grandi aziende, delle associazioni di categoria e diversi altri gruppi, ove la loro presenza incentiva la capacità dell’Unione Europea ad intervenire con legislazioni e regolazioni, ad hoc, in moltissime materie precedentemente normate solo dalle Istituzioni Nazionali. I commissari ed i dipendenti della Commissione, come i Parlamentari ed i dipendenti del Parlamento Europeo sono chiamati a specifici codici di condotta, normati e sottoscritti iscrivendosi al Registro della Trasparenza, frutto di un processo di regolamentazione del lobbing affrontato in simultanea sia dalla Commissione che dal Parlamento Europeo.

Nel merito in Europa le lobby rappresentano industrie, enti locali, studi legali, organizzazioni non governative, confessioni religiose di vario tipo, centri di studio e così via. Gli interventi vengono studiati, elaborati e posti in essere dai lobbisti che lavorano per società di consulenza specializzate nel porre in essere vere e proprie “influenze” a loro favore o per i loro Clienti, riuscendo così a modificare e/o correggere processi decisionali e legislativi che andranno a regolare la vita quotidiana di 510 milioni di cittadini europei. Queste società , sommate alle altre lobby, investono complessivamente oltre 1 miliardo e mezzo di euro all’anno. Fra tutte emerge la European Chemical Industry Council: la quale nel 2016 ha investito oltre 12 milioni di euro per sostenere e far approvare i progetti delle Industrie Chimiche.

In Italia, il lobbismo, ha vissuto di uno sviluppo determinato da fattori legati al sistema pubblico. Si possono evincere  caratteristiche tecniche-peculiari nelle lobby del nostro Paese e meglio:

1) è un tipo di rappresentanza ad oggi non ancora regolamentata con norme specifiche;

2) è una pressione sulle istituzioni condizionata dalla nostra particolare cultura politica nazionale;

3) sono una tipologia di relazioni istituzionali orientate con influenze sociali specifiche;

4) è un sistema che poggia con rapporti diretti ed immediati tra lobbista e decisore: la capacità dei partiti politici funge da aggregatore di interessi comuni facendo emergere l’assoluta assenza di una Legge Nazionale in materia di lobby. 

Di Fabio Accinelli

pubblicato il 15.09.2017 su Business&Gentlemen