
03 Feb ECONOMIA RUSSA: WHY NOT?
La situazione attuale dell’economia russa si potrebbe sintetizzare in due parole : “…sanzioni aggirate e Pil in crescita sia nel 2023 che nel 2024…”. La verità è che Paesi vicini a Mosca fungono a tutti gli effetti da cuscinetto ed hanno creato una “confort zone” dove la Russia ha trovato una vera e propria piattaforma interattiva per l’ingresso e l’uscita di tutte le produzioni nazionali e di tutti i prodotti necessitanti all’economia interna. Questo viene documentato anche dall’analisi dei dati economici dei Paesi vicino alla Russia, valori che dimostrano inequivocabilmente come questi Paesi forniscano a Mosca quelle merci oggetto di sanzioni internazionali. Il Cremlino sfrutta così a proprio favore l’alleanza e la neutralità di quei Paesi che non applicano le sanzioni. Ci sono due specifici indicatori che contro ogni dubbio avvalorano quanto sta realmente accadendo : 1) la stabilità ritrovata , dopo il primo periodo di guerra , del rublo. 2) Gli ultimi dati ufficiali pubblicati dal FMI secondo i quali l’economia russa crescerà durante questo anno dello 0,3% , contro quanto prima preventivato con un crollo del – 2,3%. Quindi contro ogni aspettativa la Russia vedrà espandersi il proprio Pil sia nel 2023 che nel 2024. Mosca quindi non è stata estromessa dall’economia globale , come ritenuto ingenuamente da molti, ma bensì sta continuando a vendere con continuità i suoi asset più strategici quali gas e petrolio. Di fatto nemmeno il “ price cup” sul greggio posto in essere dal G7 ha avuto gli effetti sperati perché il commercio russo continua ad essere reindirizzato ai Paesi non sanzionatori. Lo schema con Cina, India, Armenia, Turchia, Bielorussia, Kazakistan e kirghizistanè oramai più che rodato. Le merci arrivano in Paesi geograficamente vicini e/o amici della Russia , “ scollinano” le sanzioni venendo di fatto “ ripulite” come beni di Paesi terzi e/o in transito. Ecco il giochino che ha permesso a Mosca di ottenere un’economia abbastanza stabile con le casse statali ad un livello gestibile, anche grazie alle entrate da vendite di gas e petrolio, fatto questo che sta permettendo a Putin di mantenere il cambio del rublo a livelli di molto lontani da quelli preoccupanti dei primi giorni seguiti all’invasione dell’ Ucraina. Nel dettaglio le navi portacontainer russe hanno smesso di trasportare merci primarie ma anche di consumo comune tramite il porto di San Pietroburgo . Il commercio si è trasferito su strada e ferrovia con provenienza da Bielorussia, Cina tramite la via della seta e Kazakistan . Le navi scaricano nei nuovi porti di transito quali quelli in Turchia dove vengono smistati beni industriali russi , elettrodomestici ed elettronica straniera tra Novorossiysk ed Istambul. Il gap registrato in diminuzione sugli scambi oggi si è assestato intorno ad un – 15% rispetto a quello medio pre-invasione. La centrale russa per l’esportazione di petrolio si trova a Murmansk , a Nord del Circolo Polare Artico, qui durante il 2022 sono state mantenute le oltre 50 milioni di tonnellate di merci diverse annue e questo grazie alla nuova triangolazione dell’ export di greggio. Il collegamento per petrolio e prodotti raffinati russi è quindi tra Murmansk ed i porti turchi di Iskenderun e Zonguldak dove ne sono stati scaricati il 21% della produzione , quello egiziano di Port Said e fino ad arrivare all’ India per oltre il 40% tramite il porto di Mumbai . Certo che se il sistema economico russo da una parte ha trovato il modo di proseguire nella propria espansione, dall’altra ora si trova legata a doppio filo ed in totale dipendenza dalla Cina ed Hong Kong ad esempio per le tecnologie critiche come i chip che hanno segnato un aumento di oltre il 33% da gennaio-settembre 2021 rispetto allo stesso periodo del 2022 ed oggi segnano un ulteriore incremento anche per il 2023. Un ultimo cenno sulla figura fondamentale che per la Russia rivestono gli intermediari quali Emirati Arabi, India, Pakistan , Indonesia e Malaysia che acquistano ingenti quantità di petrolio russo per poi rivenderlo sul mercato internazionale.