Economia: MATTEO 19,24 – L’ANATEMA DELLA CRUNA DELL’AGO

Sicuramente il coronavirus cambierà il mondo, anzi di fatto lo ha già cambiato. Un mondo che oggi si trova a combattere per cercare di sopravvivere ad un killer tanto silenzioso quanto invisibile e subdolo, che ha messo in ginocchio l’economia e la finanza di tutto il pianeta. La Oxfam ha reso noto, nel Giugno 2019, che l’1% “più ricco” della popolazione mondiale deteneva più del doppio della ricchezza netta posseduta dagli altri 6,9 miliardi di persone!! Sembra proprio che il virus , dopo aver causato (e causerà ancora) un forte ridimensionamento industriale  e quindi economico-finanziario , darà finalmente l’occasione  unica per una ripartenza economica con un ‘etica nuova e migliore, una sensibilità globale con coscienze non più assuefatte ad un capitalismo drogato di finanza che non si pone  domande e non ritiene di rispondere a chi gliele pone. Forse la rinascita economica e quindi imprenditoriale che dovrà per forza maggiore ripartire  al termine di questo momento storico terribile, vedrà il neo – capitalismo non arroccarsi più nella sua comunità chiusa e formata da pochissimi super-ricchi, bensì iniziare concretamente ad estendere a quante più persone possibili le opportunità di un benessere crescente ed associato ad una nuova sensibilità globale consequenziale anche al non più procrastinabile problema del cambiamento climatico. Utopia? Chimera? Sogno? Forse!

Ma la chance che ci dà oggi la storia  con la sua malattia forse è unica ed irripetibile. Sarà il momento giusto per ripartire e costruire un nuovo ciclo economico e sociale, il momento che Papa Francesco ha chiamato  con il nome di l’ “Economia di Francesco” o meglio essere come l’apostolato dell’equità correlato ad una nuova architettura finanziaria internazionale. Un mondo senza più paradisi fiscali, evasione e riciclaggio di denaro sporco, atti che alla lunga depauperano l’intera società. Governi che finalmente basino il loro operato sulla giustizia e sul bene comune, il tutto però nel rispetto anche degli interessi reali delle imprese e delle multinazionali più potenti nel mondo: un progetto , un’idea forse illusoria ed inattuabile ,ma sicuramente affascinante in un momento di verità come quello odierno. Oggi il coronavirus è visto e vissuto da tutti come un terremoto di portata globale. Ha così inizio , per il mondo intero, il momento delle grandi sfide a livello internazionale atte a trasformarlo dalle fondamenta nella concezione e nella gestione dell’attività d’impresa. Sono cambiamenti epocali che dovranno affiancare la rinascita industriale dopo la ” distruzione economico-finanziaria” che si lascerà dietro il virus. Le imprese dovranno rispondere con modelli e strategie creative mettendo al centro la “persona” in tutte le sue sfaccettature ed attorno ad essa le crisi sociali, ambientali, demografiche , l’inarrestabile rivoluzione tecnologica e tutto questo divenire di azioni in uno al continuo confronto con le istituzioni e lo Stato. Il “dopo virus” vedrà le imprese affrontare questa transazione epocale, cambierà il loro ruolo  e la loro missione con modelli di business sostenibili spinti da un cambiamento radicale del paradigma economico-sociale e quindi finanziario. Il singolo imprenditore potrà partecipare alla ,de facto, trasformazione del mondo imprenditoriale , anche tramite la propria impresa, potrà generare insieme al risultato economico un impatto sociale ed ambientale nuovo. In poche parole “procifere” ovvero “andare oltre” , guardare e ricercare ciò che magari non è direttamente correlato ad un risultato economico d’impresa , di ROI e di Return on Experience: il sapere anche prendersi cura delle relazioni, dell’ambiente e della società tutta. Il post coronavirus è l’occasione  affinché “l’utile aziendale” ovvero la voce a chiusura che in contabilità appare all’ultimo rigo di un bilancio , non sia più il solo ed unico obiettivo dell’operare dell’imprenditore . Tutto quanto fino a qui detto come verrà intersecato con la realtà di un mondo sempre più globalizzato ed oggi sfregiato da questa crisi profonda  sia economica che d’identità? Secondo chi scrive la prima domanda che dobbiamo porci è se “si può rendere etico il capitalismo…?”. Nelle righe che seguono cercherò di esporre nella via breve il mio pensiero di come vedo, nel concreto, l’evolversi ed il mutarsi del mondo imprenditoriale  in un prossimo post – emergenza coronavirus, ciò con un forte dubbio circa la praticabilità nel concreto dei messaggi espressi pocanzi.

Partirò dal Vangelo secondo Matteo 19,24: “… è più facile ad un cammello passare per la cruna d’un ago , che per un ricco  entrare nel regno di Dio…” . Il problema vero non è la spropositata ricchezza di pochi, bensì è sotto gli occhi di tutti , l’aumentare esponenziale  e continuo delle disuguaglianze. Prodromico necessita definire bene il concetto di “uguaglianza possibile e necessaria”. Ciò non stà a significare che dobbiamo essere tutti uguali, ma che non vi debbano essere più gradi estremi di povertà contrapposti a gradi immensi di ricchezza. Tutti dovrebbero godere di pari opportunità nell’accedere ai beni  essenziali, solo così si potrà avere “uguaglianza vera” tenendo uniti due mondi ad oggi agli antipodi , quello liberale e quello socialista. Prendo in prestito una citazione , (che però concettualmente mi appartiene) , di Anartya Sen, economista, filosofo ed accademico indiano , premio Nobel per l’Economia nel 1998 , professore emerito presso la Harvard University: “…tra i fondamentali in una società vi devono essere la massima disponibilità dei mezzi che ciascuno di noi ha a disposizione  per elevarsi e per  migliorare la propria condizione economica e sociale…” Il problema vero è che per iniziare a pensare ad un uguaglianza vera non si può trascendere dal fatto che bisogna anche guardare al concetto di propietà nelle sue diverse forme giuridice . La disuguaglianza , oltre che alla voce reddito, si collega alla allocazione  dei diritti di propietà  che producono , di fatto, disuguaglianza  seguendo il modello capitalistico. Ecco allora che la proprietà nella concezione strettamente capitalista deve essere stemperata in forme cooperative e di not-for profit. Esatto contrario di quello che accade nei mercati borsistici dove vige il c.d.. : “paradosso della finanza” dove si premiano le quotazioni delle aziende quando tagliano il personale, trasferendo di fatto il valore dal “fattore lavoro” al “fattore capitale”. A conti fatti quindi accade che si riduce la redistribuzione del reddito procapite al lavoro e si incrementa più che proporzionalmente la redistribuzione al capitale. I n tutto questo bailamme lo Stato cosa fa? Spero nulla , ma proprio nulla! Abbiamo e viviamo in un mondo con già troppe leggi, molte delle quali confuse ed inutili, oggi e quindi per un futuro a venire , si può solo auspicare ad una maggiore autoregolamentazione che si affidi alla libera e piena  volontà degli imprenditori, lavoratori e consumatori. Il tutto però deve essere affiancato al sostegno reale alle imprese produttive che così possano continuare ad essere competitive, in una piena efficienza produttiva e finanziaria , correlata all’esigenza del contesto del loro mercato di appartenenza e quindi con chiari criteri organizzativi di efficacia ed efficienza perché poi dovranno , a loro volta, fronteggiare  concorrenti in un mercato globale che potrebbero operare anche in un regime di social – dumping. Ritengo personalmente  che invece un grande aiuto a questa necessità di etica economico -sociale venga dalla Chiesa e soprattutto da Papa Francesco. Senza dubbio alcuno la pietra miliare per la dottrina sociale della Chiesa fù l’enciclica “Rerum Novarum”, da cui ebbe inizio la  nascita del “sindacalismo cattolico” che permise di fatto che potessero essere create le organizzazioni sindacali cattoliche e ciò nonostante la Chiesa, storicamente e da sempre, non fosse favorevole alla sindacalizzazione . La “Rerum Novarum” fù la prima critica scritta della Chiesa verso lo Stato Liberale: da me personalmente ritenuto come un vero e proprio “atto rivoluzionario”. Oggi il post – coranavirus cosa ci lascerà? Sicuramente la  certezza, unica ed irreperibile , che il nuovo sviluppo economico -finanziario di lungo periodo non sia più possibile senza etica. Come ha scritto Papa nell’enciclica “Caritas in Veritate” ci deve essere sia per gli addetti ai mercati finanziari – economici, come negli imprenditori uno spirito nuovo, quello oggi definito dal Papa con il concetto di “amore nella verità”. In ultimo mi ricollego alla teoria economica Keynes (attinente la ripresa dopo grandi crisi economiche) e quindi al fatto che finita l’emergenza virus, per riprendere la via dello sviluppo, occorrerà creare nuove condizioni affinché le aspettative generali di lungo periodo tornino favorevoli  e ciò tramite la ricostruzione della fiducia delle imprese ,delle famiglie, dei cittadini, insomma di tutti quei soggetti facenti parte di una collettività che dovrà tornare a credere nella capacità di crescita in una economia stabile.

Fabio Accinelli