ECONOMIA : ALLARME CINA, AUMENTA LA DISOCCUPAZIONE

ECONOMIA : ALLARME CINA, AUMENTA LA DISOCCUPAZIONE

I governi di tutto il mondo sono molto preoccupati per l’aumento costante della disoccupazione tra i loro cittadini .  Negli Stati Uniti , ad esempio, la disoccupazione è salita alle stelle durante i primi mesi del corrente anno , toccando il livello più alto dalla Grande Depressione. Oggi  però , ad oriente , è il Partito Comunista Cinese ad essere  il più spaventato di tutti.  Non bisogna mai dimenticarsi che la parte più importante della legittimità del PCC deriva proprio dalla realizzazione di uno sviluppo economico sostenuto  supportato  da livelli di disoccupazione “socialmente accettabili”.   Dalla fine degli 70 la Cina è emersa come “nazione” con la N maiuscola, e ciò proprio  in concomitanza con la fine della fase storica del “comunismo isolazionista”.  E’ in questo nuovo contesto socio-economico che il PCC ha fissato i due pilastri  inviolabili su cui fondare e misurare il successo globale della politica cinese di riforma ed apertura economica:  1) il grado del PIL ,  2) il grado della disoccupazione.  Pechino ha da sempre messo  l’occupazione al centro di controlli sistematici da parte delle politiche governative, ciò in uno a misure monetarie e fiscali.  Viene usata  dal governo  centrale cinese la crescita del PIL  come modus per  dedurre l’eventuale spostamento percentuale relativo all’occupazione.  Vengono quindi tradotte le variazioni del PIL per  definire il grado della crescita o   diminuzione del reddito delle famiglie , da qui si deduce   in automatico il valore   della disoccupazione.  Da poco si è aggiunto un ulteriore parametro rappresentato dall’esame costante dei profitti e dei cali di produttività che vengono costantemente segnalati da tutti i settori industriali  quali produzione, servizi e costruzione. Questi ulteriori dati permettono di teorizzare e  prevedere il numero di lavoratori che potrebbero essere licenziati in ciascuno di essi.  Oggi però la tensione è alta e per certi versi imprevista perché contempla la fascia di popolazione compresa tra i 16/24 anni, popolazione  che di fatto rappresenta il 2/3 % dell’attuale e potenziale forza lavoro cinese. Importante porre l’accento sul fatto che trattasi  della parte della popolazione più istruita dell’intera  storia della Cina! Quella parte di lavoratori “colta” che avrebbe dovuto spianare la strada ad una economia innovativa e tecnologicamente sempre più avanzata. Il governo cinese stima in circa 15 milioni i giovani senza lavoro.  Le motivazioni  di questa congiuntura vengono riassunte dal governo centrale in tre specifici punti :  (1)  Gestione governativa delle diverse fasi temporali della pandemia da Covid-19 attraverso l’applicazione di numerosi lockdown.  (2) Controllo capillare con interventi  governativi sul mercato immobiliare con repressione delle società in crisi del settore  e  come pure sulle società interne operanti nel settore dell’istruzione.  (3)  Non allineamento tra le esigenze di partito nel mondo del lavoro ed i programmi formativi  nel settore dell’istruzione.  Tutto questo bailamme socio-politico  interno ha portato all’odierno risultato dove la popolazione giovane risulta essere sempre più disillusa . Si registra una forte perdita di fiducia nelle aziende private interne al paese con il risultato che ,i nuovi lavoratori,  oggi sono disposti ad accettare contratti a salari più bassi  nel settore statale pur di ottenere una maggiore stabilità e sicurezza economica futura.    Questa situazione è dovuta  soprattutto al fatto che molte delle aziende private hanno patito forti contrazioni  contrattuali e quindi produttive, soffrendo le problematiche pandemiche e le rigide misure di quarantena che le hanno messe nella condizione di  dover licenziare un grande  numero di lavoratori .  Numero di gran lunga  maggiore  rispetto ai licenziamenti attuati nelle aziende statali.  La risposta del governo centrale di Pechino  è stata immediata aumentando le assunzioni nel settore statale.  Dai dati  da me reperiti tra quelli  ufficiali pubblicati  dal governo  della Cina  rilevo come  ad oggi circa il 39 % dei neo-laureati preferisca fare “application” nell’ambito di aziende statali e para-statali , mentre un altro 28 % si rivolge  direttamente verso il mondo lavorativo  del settore pubblico.  Questa situazione si riversa  a cascata con  forte impatto sulla spinta all’innovazione e sviluppo di nuovi settori . Le Società Statali Cinesi (SOE), se confrontate con quelle del  settore privato sono meno efficienti ed elastiche proprio perché meno innovative.  Se confrontiamo  poi i dati  economici storici  della Cina degli anni passati si può notare che il boom economico e finanziario nel paese è di fatto coinciso con una forte contrazione della quota di posti di lavoro nelle SOE registrando un -40% nel 1996 e del -10% ante pandemia. Nell’odierna situazione economica cinese  la succitata tendenza segnala invece una inversione e regressione  costante.  Ciò porta  quindi a risentirne la crescita dell’economia con effetti importanti in diminuzione su salari, consumi, innovazione e sviluppo tecnologico.  A tutto questo si sommano gli odierni problemi e nuove tensioni con gli USA  in merito all’ isola di  Taiwan  a  causa  del possibile viaggio dello speaker della Camera, Nancy Pelosi . Insomma in questo momento sembra tutto remare contro Xj Jinping e la sua promessa al Congresso cinese e quindi al popolo di raddoppiare entro il 2035 le dimensioni dell’economia cinese dai livelli del 2020.