
28 Lug ECONOMIA : ALLARME CINA, AUMENTA LA DISOCCUPAZIONE
I governi di tutto il mondo sono molto preoccupati per l’aumento costante della disoccupazione tra i loro cittadini . Negli Stati Uniti , ad esempio, la disoccupazione è salita alle stelle durante i primi mesi del corrente anno , toccando il livello più alto dalla Grande Depressione. Oggi però , ad oriente , è il Partito Comunista Cinese ad essere il più spaventato di tutti. Non bisogna mai dimenticarsi che la parte più importante della legittimità del PCC deriva proprio dalla realizzazione di uno sviluppo economico sostenuto supportato da livelli di disoccupazione “socialmente accettabili”. Dalla fine degli 70 la Cina è emersa come “nazione” con la N maiuscola, e ciò proprio in concomitanza con la fine della fase storica del “comunismo isolazionista”. E’ in questo nuovo contesto socio-economico che il PCC ha fissato i due pilastri inviolabili su cui fondare e misurare il successo globale della politica cinese di riforma ed apertura economica: 1) il grado del PIL , 2) il grado della disoccupazione. Pechino ha da sempre messo l’occupazione al centro di controlli sistematici da parte delle politiche governative, ciò in uno a misure monetarie e fiscali. Viene usata dal governo centrale cinese la crescita del PIL come modus per dedurre l’eventuale spostamento percentuale relativo all’occupazione. Vengono quindi tradotte le variazioni del PIL per definire il grado della crescita o diminuzione del reddito delle famiglie , da qui si deduce in automatico il valore della disoccupazione. Da poco si è aggiunto un ulteriore parametro rappresentato dall’esame costante dei profitti e dei cali di produttività che vengono costantemente segnalati da tutti i settori industriali quali produzione, servizi e costruzione. Questi ulteriori dati permettono di teorizzare e prevedere il numero di lavoratori che potrebbero essere licenziati in ciascuno di essi. Oggi però la tensione è alta e per certi versi imprevista perché contempla la fascia di popolazione compresa tra i 16/24 anni, popolazione che di fatto rappresenta il 2/3 % dell’attuale e potenziale forza lavoro cinese. Importante porre l’accento sul fatto che trattasi della parte della popolazione più istruita dell’intera storia della Cina! Quella parte di lavoratori “colta” che avrebbe dovuto spianare la strada ad una economia innovativa e tecnologicamente sempre più avanzata. Il governo cinese stima in circa 15 milioni i giovani senza lavoro. Le motivazioni di questa congiuntura vengono riassunte dal governo centrale in tre specifici punti : (1) Gestione governativa delle diverse fasi temporali della pandemia da Covid-19 attraverso l’applicazione di numerosi lockdown. (2) Controllo capillare con interventi governativi sul mercato immobiliare con repressione delle società in crisi del settore e come pure sulle società interne operanti nel settore dell’istruzione. (3) Non allineamento tra le esigenze di partito nel mondo del lavoro ed i programmi formativi nel settore dell’istruzione. Tutto questo bailamme socio-politico interno ha portato all’odierno risultato dove la popolazione giovane risulta essere sempre più disillusa . Si registra una forte perdita di fiducia nelle aziende private interne al paese con il risultato che ,i nuovi lavoratori, oggi sono disposti ad accettare contratti a salari più bassi nel settore statale pur di ottenere una maggiore stabilità e sicurezza economica futura. Questa situazione è dovuta soprattutto al fatto che molte delle aziende private hanno patito forti contrazioni contrattuali e quindi produttive, soffrendo le problematiche pandemiche e le rigide misure di quarantena che le hanno messe nella condizione di dover licenziare un grande numero di lavoratori . Numero di gran lunga maggiore rispetto ai licenziamenti attuati nelle aziende statali. La risposta del governo centrale di Pechino è stata immediata aumentando le assunzioni nel settore statale. Dai dati da me reperiti tra quelli ufficiali pubblicati dal governo della Cina rilevo come ad oggi circa il 39 % dei neo-laureati preferisca fare “application” nell’ambito di aziende statali e para-statali , mentre un altro 28 % si rivolge direttamente verso il mondo lavorativo del settore pubblico. Questa situazione si riversa a cascata con forte impatto sulla spinta all’innovazione e sviluppo di nuovi settori . Le Società Statali Cinesi (SOE), se confrontate con quelle del settore privato sono meno efficienti ed elastiche proprio perché meno innovative. Se confrontiamo poi i dati economici storici della Cina degli anni passati si può notare che il boom economico e finanziario nel paese è di fatto coinciso con una forte contrazione della quota di posti di lavoro nelle SOE registrando un -40% nel 1996 e del -10% ante pandemia. Nell’odierna situazione economica cinese la succitata tendenza segnala invece una inversione e regressione costante. Ciò porta quindi a risentirne la crescita dell’economia con effetti importanti in diminuzione su salari, consumi, innovazione e sviluppo tecnologico. A tutto questo si sommano gli odierni problemi e nuove tensioni con gli USA in merito all’ isola di Taiwan a causa del possibile viaggio dello speaker della Camera, Nancy Pelosi . Insomma in questo momento sembra tutto remare contro Xj Jinping e la sua promessa al Congresso cinese e quindi al popolo di raddoppiare entro il 2035 le dimensioni dell’economia cinese dai livelli del 2020.