
05 Mag “CRISI DA OFFERTA” SULL’ECONOMIA MONDIALE
Oltre 700 navi ancora bloccate in rada ed altre giornalmente in arrivo nelle acque antistanti il porto di Shanghai . Primo porto al mondo per la movimentazione di containers con quattro milioni di tonnellate di merci in transito, Shanghai è sotto scacco da oltre 50 giorni causa un blocco generalizzato sia sulle banchine che nelle acque antistanti la marina , fatto questo che si estende come un’onda anche a tutta le infrastrutture industriali di terra. Il peggiore lockdown per congestione logistica mai visto dai tempi di quello iniziale di wuhan, con 25 milioni di persone bloccate nelle loro case solo a Shanghai . La mancanza di forza lavoro a causa dei contagi vede ritardi esorbitanti per il settore reefer e merci pericolose dove i terminal stanno lavorando duramente senza pause , ma con poca manodopera a disposizione , per cercare di liberare spazio per il loro layout interni. A questo si aggiunge il lookdown nelle fabbriche , con la mancanza di manodopera anche degli autotrasportatori su gomma. Si è creata una situazione complicata e pericolosa con blocco quasi totale della “supply chain” cinese che a caduta si riversa sul resto del mondo . Tra import ed export le economie mondiali si confrontano in tempo reale con quanto sta accadendo in Cina e quindi in tutta l’Asia. Le autorità cinesi sono preoccupate che i focolai di coronavirus, il relativo lockdown e l’ aumento dell’inflazione renderanno impossibile il raggiungimento dell’obiettivo prospettato dal Governo Centrale di crescita del Pil al 5,5% per il 2022. Il primo intervento governativo è stato posto sulle maggiori aziende nazionali che producono veicoli e semiconduttori, consigliandole (obbligandole!?) a fare ricorso al c.d. “closed-loop”, ovvero l’obbligo di gestire il personale internamente alle aziende stesse per rendere il minore possibile i tempi morti: di fatto gli operai finiscono letteralmente con il vivere nelle fabbriche dove prestano lavoro. Caso emblematico di questa situazione è l’ India, maggior produttore di medicine al mondo, dove a causa dei problemi logistici cinesi le principali aziende farmaceutiche del paese asiatico hanno dovuto diminuire drasticamente la produzione sia dei prodotti finiti ma anche delle molecole , principio attivo di ogni medicina e base per le produzioni farmaceutiche di cui la Cina gestisce la logistica della produzione per oltre il 70%. Anche il comparto automobilistico non sta meglio, anzi….non esiste stabilimento automobilistico al mondo ed in particolare in Europa ed USA , che non abbia dovuto bloccare le produzioni per svariate settimane causa la mancanza di consegne da parte dei fornitori asiatici di componenti elettronici. Il mega stabilimento di Stellantis a Melfi ad esempio ha bloccato completamente ogni produzione. Il perdurare ed anzi l’aggravarsi della crisi generata dalla scarsezza di merci disponibili sta velocemente generando quella che in economia viene indicata come “crisi da offerta”. Trattasi di una crisi anomala a cui corrisponde una ripresa anomala generata da carenze di prodotti base per le produzioni anomale ma continuative. Situazione che genera questa discrasia : “ esiste la domanda, manca l’offerta”! Il risultato è una tempesta perfetta che genera nell’economia mondiale problemi nel ciclo produttivo scaturiti dalle carenze nell’offerta tali da impedire alla stessa domanda di tradursi in acquisti reali. Per contro genera nei Paesi coinvolti una diminuzione del Pil nazionale con relativo aumento dell’inflazione. Tra le principali materie prime del XXI° secolo sono bruscamente saliti i microchip. Gli odierni intoppi sia alla loro produzione che alla logistica contribuiranno al processo di ridefinizione dell’intero commercio e quindi dell’ economia internazionale. Le filiere, causa forza maggiore , si dovranno fare più corte e quindi più concentrate in pochi paesi alleati ed affidabili (c.d. friend-shoring) con il fine dichiarato di accrescere la resilienza delle diverse produzioni industriali. Di fatto oggi stiamo assistendo alla trasformazione della “globalizzazione” in “regionalizzazione”, ovvero nel processo di accorciamento delle “supply chain” finalizzato a ridurre drasticamente la dipendenza generalizzata dall’Asia. Il futuro , peraltro già in atto, sarà quello di indurre le imprese soprattutto europee a prestare più attenzione all’affidabilità di un paese piuttosto che alla convenienza sul prezzo di acquisto di in bene e/o servizio. L’esempio odierno più lampante è l’esplosione economico-produttiva del Messico, divenuto oramai il punto nodale di tutta la produzione industriale nord-americana. Le difficoltà logistiche sono peggiori in Europa, dove si sono sommate anche le gravi problematiche create dalla guerra in Ucraina. Il punto nodale deve essere ricondotto alla profonda dipendenza dell’Europa dalle catene del valore globali. A conti fatti la “supply chain” cinese è oggi all’angolo tanto quanto i mercati di tutto il mondo, nessuno escluso. E’ il nascere di un’onda lunga che sta già colpendo l’Italia e l’Europa e che aumenterà di portata e coinvolgimenti economici e finanziari quando alcune produzioni dovranno interrompersi , i cantieri dovranno fermarsi e come conseguenza prima i consumatori, portatori della domanda, dovranno rinunciare alle loro richieste. L’impatto del lockdown sul trasporto merci a Shanghai sta causando anche un diretto aumento del costo dei noli, solo in piccola parte calmierato dalla contrazione dei consumi in Europa, a cui vanno sommati gli effetti della guerra in Ucraina e le , anche se minori, restrizioni da Covid, è iniziata una caccia ai containers vuoti che dovranno tornare a concentrarsi in Cina prima di tutto per soddisfare la ripartenza della domanda interna e quindi le esportazioni in tutto il mondo. Un proverbio cinese calza proprio circa la situazione mondiale venutasi a creare e recita: “…chi incolpa gli altri di quello che accade ha molta strada da fare ancora nel suo viaggio, chi incolpa se stesso è a metà strada e chi non incolpa nessuno è arrivato..”.