“BLIND TRUST “ : CONFLITTO DI INTERESSI E TASSAZIONE

FABIO ACCINELLI

“BLIND TRUST “ : CONFLITTO DI INTERESSI E TASSAZIONE

Un “Blind Trust”  è una forma ben definita di Trust che viene appositamente costituito allo scopo di separare completamente un soggetto dal proprio patrimonio e ciò con il fine specifico di evitare qualsivoglia  forma  di conflitto di interessi.  Viene  quindi costituito da chi  personalmente accede  a cariche pubbliche di altissima rilevanza. Tramite questo specifico istituto  (affidamento fiduciario) si assicura che le decisioni  che vengono prese dal titolare ( settlor)  nell’interesse pubblico  non possano in alcun modo essere influenzate da un  proprio interesse personale .  Nel merito  giuridico del negozio  in esame il settlor  conferisce il proprio patrimonio ad un trustee che funge da “consiglio direttivo” che lo amministra,  per suo nome e conto , ma scegliendo nella più completa libertà ed autonomia le forme di investimento  ritenute  più opportune.  Vige quindi un  espresso divieto ed  obbligo di rendicontazione  fino alla naturale scadenza di un termine e/o del  verificarsi di una condizione specifica ,  nel   caso in esame potrebbe corrispondere  proprio con la cessazione di una carica.  Ma non è tutto così semplice e chiaro, ad esempio qui  rilevo quanto  la disciplina fiscale del trust sia scarna.  L’Amministrazione Finanziaria con le  Circolari nn 3/E del 22/01/08 e 48/E del 6/8/07, assume che : a) debba considerarsi Trust  un rapporto giuridico complesso con un’unica causa fiduciaria che caratterizza tutte le vicende del Trust  stesso ( istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, raggiungimento dello scopo) ;  b) debbano considerarsi vincoli di destinazione “… i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento , con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi… “.  Tutto ciò premesso  ecco che appare evidente che  l’incertezza applicativa viene data anche dai differenti momenti negoziali nei quali normalmente il Trust si articola e quindi  a seconda  dell’oggetto  che cade sotto  imposizione.  L’ interpretazione di legittimità in materia si è evoluta attraverso il graduale recepimento , favorito anche dall’apporto oramai sempre più costante della dottrina e della giurisprudenza di merito, di soluzioni , anche intermedie , e quindi più sfumate,  ciò attraverso due posizioni concettualmente agli antipodi tra di loro .  La posizione di partenza è fissata dalla massima contenuta in  “  Cassazione n. 3735/15” .  La posizione giuridicamente definita di arrivo  è contenuta   invece nella massima in “ Cassazione  n. 1131/19”.  Ferma restando l’indubbia discrezionalità del legislatore nell’individuare i presupposti impositivi, siffatta discrezionalità deve sempre e comunque muoversi in un ambito specifico di ragionevolezza e quindi di non-arbitrio ( Corte Costituzionale n. 4/1954 e n. 83/2015 ) .  Nel  caso specifico del Blind Trust  , è da stigmatizzare che tale indice non prende in nessun modo  consistenza prima che il Trust  stesso abbia completato il suo percorso .  In definitiva si può affermare che :  a) per l’applicazione dell’imposta di donazione , così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale , è necessario che si realizzi di fatto un trasferimento effettivo di ricchezza mediante specifica attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale.  B) nel Trust autodichiarato un trasferimento imponibile non è riscontrabile né nell’atto istitutivo e né nell’atto di dotazione patrimoniale,  ( in quanto si tratta di atti meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione ) ,  ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento ultimo e realizzativo del Trust medesimo.  Fino a poco tempo fa il Blind Trust era un negozio   che in Italia era  “ scoraggiato” dalla fiscalità sullo stesso applicabile , ma tra i mesi di Giugno-Luglio  2019 ,  in Cassazione , vi è stata una vera e propria “inanellata” di sentenze esplicative  a favore dello schema oggi in  esame ;  le numero: 15453/19, 15455/19, 15456/19, 16700/19, 16705/19, 19167/19, 19310/19 e 19319/19.   A ciò si  è resa conforme la Ctr Lombardia orientandosi nel senso che l’atto di dotazione di qualunque tipologia di Trust non è considerabile in termini di manifestazione esplicita di capacità contributiva .   Da tutto ciò ne segue che anche l’istituzione e la dotazione di un Blind Trust a conti fatti ne ha un vantaggio. Non bisogna poi dimenticarsi che il Trust oramai oggi viene di fatto considerato come uno strumento, per così dire, “normale” e quindi di uso comune finalmente anche nel nostro ordinamento giuridico –   fiscale .   Non viene più considerato come un artifizio ad uso dei soli “furbi” , sia essi spregiudicati, smaliziati o  atto disponibile solo e solamente a chi abbia un’elevata professionalità in materia. Ad valorem di ciò e se oramai ce ne fosse ancora bisogno , nell’ultima giurisprudenza di legittimità ( Cassazione – 21 Giugno 2019 n 16705) è stato chiaramente ribadito che “…l’ordinamento vede con favore il trust…della cui validità e meritevolezza ex articolo 1322 CC …non è più dato dubitare…”.   Ecco allora che il Trust  in generale e quindi   il Blind  Trust , possono  essere comunemente  usati  come strumenti atti  ad  evitare conflitti di interesse quando si assumono ruoli pubblici rilevanti e/o incarichi privati  dai quali potrebbero derivare vantaggi diretti per il proprio patrimonio. Ciò , come sopra già detto ,   nel caso  specifico in cui le informazioni acquisite nell’espletamento dell’incarico fossero usate per finalità strettamente personali.  Lo strumento  oggi è di stretta attualità sia perchè  ,ad esempio , viene usato dal banchiere Mario Draghi  in merito ad i propri  incarichi istituzionali , da Vivendi con riferimento alla sua partecipazione in Mediaset  e così come dal sindaco di Venezia , Luigi Brugnaro, allo scopo specifico di marcare il confine tra attività politica ed affari personali.   La sentenza della Ctr Lombardia n 2999 del 9 Luglio 2019, Sezione 3, presidente Rollero,  ha esaminato il Blind Trust sotto il profilo strettamente fiscale  nella specificità della sua istituzione su volere di un noto banchiere in procinto di assumere una rilevante posizione in un primario istituto bancario al fine  di evitare conflitti di interesse , dandone parere favorevole sia sulla costituzione che sulle specifiche e momenti fiscalmente rilevanti   Quindi si può affermare che un Blind Trust funziona se il trustee è un soggetto che svolge professionalmente tale attività e che si trova in una situazione di chiara e completa indipendenza rispetto al disponente.  E’ quindi evidente che quando si tratta di una persona ( fisica e/o giuridica) che ha relazioni di parentela , amicizia, affari in comune o professioni tali da evidenziare che non si può fondatamente esservi un “ chinese wall” tra il trustee ed il disponente : si evidenzia solo una mera apparenza. Si cadrebbe, quindi nella casistica di un puro e semplice mandato , ovvero una strumentazione che non sarebbe qualificabile né come Trust e ne tanto meno come Blid Trust.