AMERICA: UNA ECONOMIA IN CRISI DI IDENTITA’

AMERICA: UNA ECONOMIA IN CRISI DI IDENTITA’

L’economia americana trema e tutto gira intorno al nuovo balzo dell’inflazione segnato a  maggio 2022   con un + 1%, contro un + 0,7% stimato dagli analisti ( attesa al + 5,9% ), questo dato sull’inflazione di venerdì ha pesato in maniera importante sul “sentiment” degli investitori.   Su base annua si è passati dall’ 8,3% al 8,6% con un indice “core” ( valore  al netto delle componenti più volatili come energia ed alimentari) che ha toccato per l’inflazione mensile un + 0,6% contro un 0,5% stimato. Durante la settimana passata abbiamo assistito ad indici azionari negativi  in area – 5%.   Da mercoledì 22 c.m. ritengo che  la Fed passerà ad alzare i FED Funds di almeno altri 50 punti base , valore pari ad uno 0,5%  di rialzo dei tassi.  In questo contesto i futures scambiano in area – 1,25% con un rendimento Treasury a 10 anni che tratta in area 3,18% e più precisamente il 2 e il 3 anni si sono portati tra il 3,2 ed il 3,4%, mentre da quella scadenza la curva è sostanzialmente piatta e/o marginalmente invertita.  La prima conseguenza si è  riversata sui mercati asiatici con un lunedì nero e quindi un tonfo degli indici azionari ed obbligazionari , con rendimenti alle stelle dopo i dati sull’inflazione USA  con l’indice dei prezzi al consumo schizzato all’8,6% , base annua che non si vedeva dal 1981.  Forti  tensioni anche  per le decisioni della Fed circa un possibile inasprimento delle nuove misure che causerebbero un ulteriore forte rallentamento economico.  Lo yen ha raggiunto il minimo da 24 anni ad oggi.  Risultato con  mercati finanziari in tilt che viaggiano a vista nel pieno caos ed anche indici asiatici tutti in perdita con crolli ben oltre il 3% a Hong Kong e Giappone. Personalmente ritengo che l’inflazione USA non abbia raggiunto ancora il picco ed anzi che al momento non si stia nemmeno stabilizzando , avendo di fatto preso a risalire con forza e costanza preannunciando ulteriori incrementi anche per il mese di giugno. Tutto questo porta a suggerire rischi al rialzo per i rendimenti obbligazionari , continua pressione esercitata dagli investitori sugli asset rischiosi ed al momento una continua forza del dollaro USA. L’economia americana non paga solamente le problematiche interne, ma si interfaccia giornalmente con le pressioni che giungono di rimbalzo dai mercati cinesi. I rendimenti dei Treasury a due anni che come noto sono molto sensibili alle aspettative della politica monetaria, lunedì p.v. a Tokio sono schizzati fino al 3,159%, record dal dicembre 2007. Ma non è finita : lo yen si è indebolito a 135,19 per dollaro ( livello più basso raggiunto dal 1998) e ritengo questo dato collegato alla politica accomodante attuata dal Giappone sempre più in contrasto con le politiche economiche praticate nei  paesi sviluppati che per contro aumentano i tassi. L’economia americana si raffronta con l’indice del dollaro USA ( misura il valore rispetto alle sei principali valute) che ha toccato quota 104,55 per la prima volta in quasi un mese e dove l’euro è sceso a 1,0479 sul dollaro per la prima volta dal 19 maggio. Per la cronaca la principale criptovaluta , il Bitcoin, è crollata al minimo di un mese a 25.975 dollari. Ecco allora che negli USA  si moltiplicano i segnali di rallentamento dell’economia collegati  alle deludenti trimestrali di alcuni big tecnologici che fanno tremare il Nasdaq , risultato crollano gli indici di fiducia dove aumentano le richieste dei sussidi settimanali di disoccupazione e si contraggono le vendite sulle case. In questo contesto appare sempre più probabile che la stretta monetaria della Fed per battere l’inflazione probabilmente porterà l’economia americana in recessione. Per il dato inflattivo USA la prima cosa che balza all’occhio è la “non diminuzione” negli ultimi mesi , perlomeno come risultato minimo del fenomeno. Il permanere nell’area del 9% indica troppi elementi e fattori correlati non più sotto controllo  del governo americano. Il nuovo ordine economico mondiale è collegato al momento in cui Russia e USA raggiungeranno un nuovo accordo strategico atto a gestire le conseguenze del disordine attuale causato prima dalla pandemia e poi dalla guerra. Successivamente , ma correlato al fatto che precede , occorrerà che alle due superpotenze Stati Uniti e Russia siano aggregati i consensi e le condivisioni degli altri giganti dell’economia e della finanza quali Cina, India, Unione Europea e Brasile. Tutto questo suggellato e certificato in un G20 che possiamo ben definire come il reale “consesso” operativo internazionale. A ben vedere lo scenario macroeconomico internazionale del nuovo millennio, causa anche tutte le crisi economiche , sociali e  sanitarie succedutesi,  ha visto una predominanza assoluta dello schema keynesiano , dove anche politiche prettamente monetariste hanno avuto un ruolo di interventi  ausiliari ed eclettici rispetto ai problemi di fondo che riguardavano la domanda aggregata. Ma il rischio recessione non è passibile solo per l’economia americana! Da un lato il carovita si mangia una buona parte degli stipendi, dall’altro il costo del denaro completa l’opera. Pur ancora con numeri , al momento  inferiori , lo stesso processo inflazionistico ed economico sta iniziando ad accadere in Europa. I mutui al momento sono ancora accessibili ma nell’Eurozona il potere d’acquisto è letteralmente divorato dall’inflazione solo marginalmente compensata dagli aumenti retributivi, i bilanci familiari iniziano a non quadrare più : si sente il gusto amaro della recessione.