2001 – 2021 L’ECONOMIA NEL MONDO : E ’ANARCHIA GLOBALE

2001 – 2021 L’ECONOMIA NEL MONDO : E ’ANARCHIA GLOBALE

You only rode the merry-go- round once .  Life was for the daring. (n.d.r.   Charles Bukowski, Pulp, 1994) . La debacle del ritiro statunitense dall’Afghanistan è la fotografia di quanto confusa ed incerta  sia la situazione economica,politica e finanziaria a livello globale  e  come continuerà ad esserlo per chissà quanto altro  tempo ancora.  Alla frase di propaganda di Biden di inizio mandato “L’America è tornata”, è corrisposta una  assoluta  incapacità  manifesta nel gestire il ritiro in tutta fretta  da Kabul. Oggi le  domande che  tutti gli economisti si pongono, oltre che sulla incapacità dell’ attuale  Presidente Usa , che  peraltro ha vissuto sempre all’ombra di altre persone senza mai avere posto in essere decisioni dirette di qualche peso, sono:  “ …e se l’America non fosse tornata?..” ,  “ ..e se non tornasse mai più?..” ,  “..e se fosse iniziato il periodo di incoronamento come super-potenza della  Cina?..” ,  “… e se l’Europa fosse finalmente capace di camminare da sola e diventare  il nuovo leader del mondo libero?…”, … domande, domande e domande ancora a cui  però oggi nessuno sa e/o può dare risposte certe.  Il mondo è cambiato.  Questa è l’unica certezza.  I fondamenti stessi dell’ordine globale sono profondamente contestati da più parti così che nuove e grandi sfide incombono sugli equilibri internazionali.  Il “ point break” di questa situazione globale è stato originato sia dall’attentato dell’11 settembre sia  dalla pandemia globale.   20 anni dopo l’11 settembre la strategia americana dell’esportazione della democrazia si è rilevata un “flop” con un ritorno al punto di partenza .  L’insuccesso USA nei conflitti in Afghanistan ed in Iraq oltre a dimostrare chiaramente l’insostenibilità politica ed economica delle opzioni militari con la “fuga” maldestra da Bagdad , ha dimostrato al mondo intero come  la forza militare americana appaia  oggi meno credibile, cosa che di fatto alimenta la percezione comune che contribuisce a deligittimare  di fatto il ruolo globale degli USA.  Il costo delle guerre sostenute dagli USA post- 11 Settembre è di 8 TRILIONI di $.  In questi ultimi 20 anni gli USA hanno perso la leadership  dell’economia mondiale.  Nello stesso periodo temporale il PIL cinese è passato dal 12 al 7% di quello americano !!   Inoltre Pechino si è affermata più che proporzionalmente come partner commerciale di riferimento a livello globale.  Nel 2000 erano 163 i paesi che commerciavano di più con gli USA che con la Cina, oggi sono scesi a 52 : l’american dream si è progressivamente eroso nel tempo. A livello economico – politico è interessante rilevare come il livello di disuguaglianza economica della società americana , misurato dall’indice GINI ( n.d.r. :il coefficiente di  Corrado Gini, viene usato in tutti i Paesi occidentali   come  “indice di concentrazione”  atto a  misurare le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e/o della ricchezza ) è il più elevato tra i paesi del G7. Altro fattore che ha segnato il cambiamento degli USA  negli ultimi 20 anni è inerente alla (in)dipendenza energetica.  La crisi economica prima e poi  nel 2010 la “rivoluzione shale” (n.d.r. : rivoluzione del petrolio e gas di scisto ) hanno fatto sì che crollassero le importazioni  USA dal Medio Oriente e  ci fosse quindi una  minore dipendenza dall’energia mediorientale,  ciò ha permesso un proporzionale  aumento di manovra politico-economica e militare di Washington.  Un ultimo punto  cui porre  l’attenzione di  questi ultimi 20 anni  per il “Paese USA” è dato dal crollo della crescita della popolazione americana, anche questo un fattore focale per l’economia USA. Nel decennio 2010/2020 la popolazione bianca negli USA non è cresciuta ( dal 69,1% del 2000 al 57,8% del 2020) , quella di colore è rimasta invariata ( circa il 21%), quella ispanica è esplosa ( dal 12,6% al 18,7%) ed anche  quella asiatica è cresciuta ( dal 3,6% al 5,9%). La conseguenza di questo mutare della popolazione interna è una maggiore diversificazione razziale con l’esplosione di un nuovo “ gap generazionale culturale”. Ulteriori segnali negativi all’interno dei confini americani sono evidenziati sia dal peggioramento del “wage gap” (n.d.r. : differenza tra la retribuzione di uomini e donne a parità di ruolo e mansione) tra americani bianchi e di colore che è passato dal 60% del 2000 al 56% del 2020, sia dal grado di “ricchezza aggregata” : complessivamente le famiglie bianche possiedono asset pari a 102 trilioni di $, quelle di colore pari a 6 trioni di $, differenza più che doppia rispetto a quanto si registrava ad inizio 2000.   Personalmente  ho una mia” teoria” . Ritengo che questo sia il momento storico giusto  in cui , persone obiettive e liberali, dovrebbero iniziare a valutare attentamente l’ipotesi che gli USA difficilmente riusciranno,  nel  medio periodo ( in macroeconimia  dura almeno cinque anni)  , a “tornare” a cavalcare una posizione di leadership internazionale.  Non dobbiamo dimenticare che l’America ha speso migliaia di miliardi  di $ ( prendendoli a debito sul mercato)  per guerre inutili  in luoghi come l’Afghanistan e l’Iraq.  Oggi deve e dovrà per molto tempo impegnarsi  nel “ nation-building”. ( n.d.r. :  processo definito in scienze politiche come quello atto alla ricostruzione di un’identità nazionale tramite il potere ed il sostegno dello Stato ) .  Questo cambio di direzione potrebbe permettere   agli USA   di tornare sul palcoscenico internazionale come potenza leader occidentale capace di  affrontare la “sfida delle 3 C “  : Covid, Clima,Cina “.  A sostegno dell’ipotesi del lento recupero USA vi è il fatto che la Cina non diverrà  mai la potenza dominante in Asia come vorrebbe il Governo di Pechino.   Giappone, India , Australia e gli stessi USA ( sempre forti e presenti nell’Indo Pacifico ) , non lo permetteranno mai .  Il rischio più elevato a livello globale è quello del consolidamento di una “anarchia internazionale” o della nascita di un mondo  c.d. “ G-ZERO”  ( n.d.r. : così  definito dall’analista geopolitico Ian Bremmer ) , dove la lotta è estesa a grandi potenze, tribù ed interessi diversi in  continuo dissidio tra di loro .  Un mondo dove  oggi economia e finanza sono caratterizzati dal disfacimento delle sicurezze dei popoli anche a causa della fine  del vecchio ordine mondiale a guida ( anche se  criticabile)  americana.  Il risultato che si presenta  è un mondo “instabile” , meno sicuro e meno prevedibile e  preventivabile man mano che i rischi geopolitici aumentano. La mancanza di una gerarchia geopolitica globale  , chiara ed acclarata,   influisce ed  influirà in maniera sempre più predominante sul commercio, sulla tecnologia e  sulla sicurezza.  Ritengo che una soluzione plausibile sia quella che gli Usa tornino nel breve tempo ad assumere nuovamente il ruolo di guida nell’ambito di tutte le democrazie riconosciute nel mondo, come Stato più importante nell’ambito  economico e finanziario ed anche del comando militare di forze alleate tra esse coese, senza però  dover intervenire direttamente negli affari economici e politici degli alleati e quindi sull’autonomia insita in  ogni singolo Stato .  A livello globale poi per l’Occidente esiste una sola cosa peggiore della leadership americana ed è la sua assenza. Gli USA devono tornare e dare equilibrio  e sicurezza al mondo  però sempre come “primus inter pares”.