Il 1° NOVEMBRE 2019: QUANDO LA BREXIT FA “BOOM”!

Il Parlamento Europeo si riunirà il 19 ottobre al termine del Consiglio UE, di fatto considerato l’ultima chance per raggiungere un deal prima dell’ agognato termine del 31 ottobre. Una decisione del Parlamento Inglese potrebbe obbligare il Governo di Boris Johnson a chiedere alla UE una proroga di almeno tre mesi. Nei giorni 17 e 18 ottobre Johnson tenterà di far accogliere durante il Consiglio UE le sue nuove proposte sul confine Nord Irlandese , legato dall’accordo di pace dell’Ulster del 1998,  vero limite per il tentativo anti no-deal. Se ciò non dovesse accadere tutti i Paesi Europei, e non solo, dovranno fare i conti al proprio interno. In Italia , a causa dell’incremento delle richieste di scorte in terra inglese, si è moltiplicato il valore degli affari con un effetto positivo nell’interscambio tra le due nazioni. Se, da un lato, tutti hanno il terrore di cosa accadrà con la Brexit oggi se ne godono le conseguenze causate dal timore degli inglesi. Nei primi sette mesi del 2019 le esportazioni italiane verso il Regno Unito sono aumentate, per lo stesso periodo dell’anno precedente, dell’8,9 % mentre , di converso, le importazioni sono diminuite dell’1,5%. Tra i prodotti italiani vi è stato un aumento del 33 % di quelli farmaceutici, del 22,6 % del materiale rotabile , del 14,6 % dell’abbigliamento. Il tutto ha fatto segnalare un balzo dell’avanzo commerciale con Londra per il 2018 di 23 miliardi di export e 12 di import. Alle voci suindicate si aggiunge anche il turismo che, dopo il passivo del 2017, è tornato in attivo nel 2018. Analizzando ora la data del 1° di Novembre con una “Hard Brexit” si rilevano, a livello macro-economico, tre preventivabili effetti negativi sull’export italiano.

Primo: il crollo della domanda di merce italiana verso il Regno Unito, ciò anche sulla base delle indicazione di Bank of England che ha calcolato che nei prossimi 5 anni vi sarà un decremento del prodotto interno lordo di oltre il 10,5 %.

Secondo: la svalutazione della sterlina, all’inizio forte e poi costante, nei prossimi anni inciderà in maniera imprescindibile sugli interscambi.

Terzo: esiste un rischio reale (quasi certo) di un ritorno ai dazi, questo perché la “Hard Brexit” porterà il Regno Unito a dover sottostare alle regole del WTO (organizzazione mondiale del commercio). Sulla base di ciò le merci italiane , pur con varie differenze tra le varie tipologie di prodotto, verrebbero colpite da una tariffa media ipotizzabile in almeno + 5%.

I tre fattori suindicati sarebbero un mix esplosivo per le nostre esportazioni  e, quindi, per l’economia del Paese che vedrebbe segnare una diminuzione stimabile nei primi 24 mesi di almeno -7 e -8 %.  In finanza non bisogna poi dimenticarsi del ridimensionamento della piazza londinese. Da alcuni mesi si nota come Banche ed Istituzioni Finanziarie americane ed asiatiche si siano di fatto già trasferite per evitare il rischio di poter perdere il passaporto europeo e dover così subire controlli e limiti nell’operatività con aggravi di costo. Purtroppo, a differenza di altre città come Parigi e Francoforte, chi ha perso l’opportunità di accogliere le Istituzioni Finanziarie e le Banche  in via di trasferimento da Londra è Milano perché paga l’instabilità politica ed economica italiana affiancata dalla sensazione , per altro come sempre dimostrata dai fatti – vedasi la caduta del Governo ad Agosto – e dove qui da noi anche le regole economico-finanziarie e del business cambiano con facilità e senza preavviso. In questo contesto di possibile Brexit sul territorio anglosassone esiste però un’ “ isola felice” che è la Scozia dove il mercato residenziale , in questi ultimi mesi, ha segnato un record toccando il più alto numero di transazioni dal 2008, pari al +2% , mentre nel resto della Gran Bretagna si è segnato uno -0,4%. Le città Top scozzesi per il mattone sono state Edimburgo e Glasgow. E’ innegabile in questo contesto globale, visti anche i possibili dazi della Gran Bretagna,  dover accennare ai nuovi dazi decisi dall’amministrazione Trump con inizio di applicazione dal 18 ottobre. L’immediato futuro economico-finanziario dell’Europa è ad un bivio. Oggi come oggi, nessuno sa con certezza che strada prenderà il mondo e l’Europa è nel bel mezzo della guerra tra le due principali economie mondiali ed i loro due muri invalicabili delle tariffe. Ciò porterà per una parte delle produzioni europee a diventare molto più care per i consumatori ed anche per le stesse aziende statunitensi. Questa mossa ha dimostrato, dove ce ne fosse ancora bisogno, che lo spirito “ American First” non riguarda solo la battaglia commerciale con la Cina . L’applicazione di dazi selettivi su specifici prodotti provenienti da Paesi Europei punta, a livello politico, a colpire al cuore la Comunità Europea  delegittimando così la Commissione neo eletta ed il ruolo stesso delle Istituzioni Comunitarie. Si calcola che si aggirerà intorno al 2% il danno sul valore dei prodotti colpiti UE con destinazione USA , con un rischio sempre più accentuato di una spirale protezionistica che dovrà indurre tutti i Paesi Europei  a tirare le fila e combattere ad unisono i dazi americani, o le conseguenze della Brexit, sotto una bandiera unica europea e non quella di ogni singolo Stato. Che sia Brexit, dazi della Gran Bretagna, dazi degli USA o ancora infinita guerra commerciale tra USA e Cina, questa situazione di incertezza e paura si ripercuote sulle imprese europee che così riducono i propri investimenti. Siffatta situazione mostra un quadro economico-finanziario , a livello globale, che sta formando una “tempesta perfetta” di cui non si può né prevedere gli effetti né  ipotizzarne la fine: il futuro per tutte le economie è incerto, molto incerto…!

Fabio Accinelli